N.2 2025 - Scientia | Online first

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Pastarino, Filippo (Bologna, 1509 - Post, 1588)

Barbara Di Gennaro Splendore

CREA Padova barbara.dg.splendore@gmail.com

Received 27/12/2024 | Accepted 6/01/2025 | Published online 01/12/2025

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Filippo Pastarino si distingue fra gli speziali bolognesi per essere fra i pochi ad aver pubblicato e tra i rari aromatari europei di età moderna ad aver lasciato una riflessione sulla propria arte al di fuori delle farmacopee. Nonostante gli speziali fossero fra gli artigiani meglio istruiti, relativamente pochi hanno lasciato memorie scritte. Nel suo studio-censimento sulle autobiografie artigiane, lo storico James Amelang ha segnalato solo quattro testi di speziali: le cronache di Luca Landucci (Firenze, XV sec.) e Honorat de Valbelle (Marsiglia, XVI sec.),il diario spiritualedi Elias Pledger (Londra, XVII sec.) e i disordinati appunti di Ercole Dal Buono (Bologna, XVII sec.) [Amelang, 1998, p. 62]. Gli scritti di Pastarino, sebbene non privati ma destinati a lettori locali, offrono una testimonianza della sua vita sociale e culturale.

Negli ultimi decenni gli storici della scienza hanno valorizzato il contributo di gruppi precedentemente considerati marginali, come artigiani, tecnici, donne e popolazioni indigene. L’apporto di queste figure viene considerato o riconsiderato nell’ottica di un sapere tecnico-scientifico inteso non come il prodotto di uno sviluppo lineare e progressivo bensì come un processo complesso, frutto di compromessi, congiunture e negoziazioni articolate. In particolare, nel campo della storia naturale e della medicina, si riconosce agli speziali un ruolo determinante in quanto conoscitori della materia medica, collezionisti, intermediari, sperimentatori, autori di testi di storia naturale, farmacopee, e ricette (vedi fra gli altri [Smith, 2004] [Harkness, 2007] [Egmond, 2008] [Anagnostou et al., 2011] [Palmer, 1985] ).

Lo studio della biografia e delle opere di Filippo Pastarino permette di ricostruire con maggiore ricchezza il contesto medico bolognese, restituendo le forme retoriche e comunicative in uso fra gruppi sociali diversi, le conoscenze medico-farmaceutiche condivise o contestate, e le ricadute sociali e politiche che la produzione scientifica del tempo ebbe sul contesto cittadino. Nello specifico la vicenda del Pastarino si intrecciò con il processo di ristrutturazione della farmacia in atto nella seconda metà del Cinquecento, con la ‘riscoperta’ della teriaca, e con la disputa su questa stessa medicina che segnò la vita del naturalista Ulisse Aldrovandi (1522-1605). Lo speziale bolognese si trovò infatti al centro di un conflitto fra il collegio medico e l’arte degli speziali, che fu infine risolto solo dall’intervento del pontefice [Olmi, 1977, p. 198] [Fantuzzi, 1774, p. 39-47] [Baldacci, 1907, p. 19-22] [Benedicenti, 1924-1925, p. 1022-1023] [Zaccagnini, 1930, p. 239-240] [Andreoli, 1961, p. 11-19] [Findlen, 1994, p. 241-287] [Di Gennaro Splendore, 2017] [Cevolani, Buscaroli, 2018].

I tre trattatelli del Pastarino, pubblicati nell’arco di un decennio fra il 1575 e il 1584, mostrano l’ampiezza delle sue letture e dei suoi interessi. Ragionamento sopra l’arte della speciaria [Pastarino, 1575] è una supplica al Senato, una riflessione sulla professione di speziale e si inserisce nelle vicende mediche del tempo. Preparamento per medicarsi in questi sospettosi tempi di peste [Pastarino, 1577] è invece una predica di «sobrietà e d’astinenza» che affronta il tema della peste in un momento di grande attualità; mentre Istruttione sopra la universal peste e frenetico morbo d’amore [Pastarino, 1584] offre una riflessione sull’amore carnale [Camporesi, 1980, p. 86]. Dimenticati per secoli, questi testi furono riscoperti e portati all’attenzione di storici e studiosi grazie all’opera di Piero Camporesi [Camporesi, 1980, p. 84-87] [Camporesi, 1990,p. 249-259]. L’identificazione definitiva dell’autore è invece più recente [Di Gennaro Splendore, 2017].

Filippo Pastarino (anche noto come Pastalino o Pastarini) nacque a Bologna nella parrocchia di san Marco da Antonio, la cui professione è ignota, così come il nome della madre. Fu battezzato nella cattedrale di san Pietro il 25 luglio del 1509 [ACAB, 1506-1510, p. 182]. Della sua infanzia e istruzione conosciamo solo quanto egli stesso racconta: inizialmente avviato agli studi umanistici, «i dolci studij delle lettere», dovette abbandonarli per mancanza di mezzi quando perse il padre durante un’epidemia, probabilmente la peste del 1530.

L’ingresso di Pastarino nell’arte degli speziali avvenne relativamente tardi: si immatricolò il 2 novembre del 1551, all’età di 42 anni [ASBb, p. 259]. Necessariamente egli dovette fare un periodo di apprendistato in una bottega di spezieria. Della procedura necessaria per essere ammessi all’arte nella prima metà del sedicesimo secolo sappiamo che l’iscrizione, per chi non era figlio o fratello di uno speziale già iscritto, costava 12 lire di bolognini [Colapinto, 1966, p. 19]. Dal 1606 (anno delle Convenzioni fra l’arte e il collegio medico), gli aspiranti maestri speziali dovettero essere anche approvati dal collegio medico, mentre gli statuti successivi, del 1690, prevedevano che gli aspiranti speziali sostenessero due esami, sia da garzone, sia da medicinalista [Collegio dei Medici di Bologna, 1606] [Compagnia degli Speziali di Bologna, 1690]. È possibile, dunque, che la trafila seguita da Pastarino sia stata più snella di quelle previste successivamente. L’apprendistato di Pastarino dovette essere stato lungo o cominciato in ritardo, mentre suo figlio Giovanni Antonio si iscrisse all’arte a soli 32 anni beneficiando evidentemente del sostegno paterno, un aiuto che a Filippo mancò [ACAB, 1532-1533, nn] [ASBb, p. 269].

Nonostante l’inizio tardivo, Pastarino raggiunse un notevole successo professionale. I Pastarino «conducevano spezieria in Porta Ravegnana a fianco della torre Asinelli» all’insegna delle Due Torri, una bottega nel centro nevralgico della città che ancora mantiene memoria della sua antica destinazione negli affreschi che la decorano [Guidicini, 1868, vol. 5, p. 129] [ASB, 1580]. La bottega di Pastarino era particolarmente fornita e aveva clienti facoltosi. Il suo nome compare spesso fra quello degli imborsati (nel 1563, 1569, 1573, 1577, 1581, 1585 e nel 1588), cioè fra coloro che partecipavano all’estrazione per le cariche dell’arte, e nel 1586 ricoprì la carica di massaro, la più alta dell’arte [Pastarino, 1577, p. 7] [BCAB, p. 7v] [ASBa].

La stima di cui Pastarino godeva in città non era però condivisa dal naturalista Ulisse Aldrovandi, figura dominante del panorama scientifico bolognese del secondo Cinquecento. Pur mantenendo corrispondenza attiva con diversi speziali italiani da lui riconosciuti esperti di res herbaria, Aldrovandi manifestò ripetutamente scarsa considerazione per gli speziali locali e fu impegnato per decenni nel tentativo di regolarne l’attività [Frati, 1907] [Di Tommaso, 2022] [Olmi, 1977] [Pomata, 1994, p. 44-148]. In particolare, durante un’occasione pubblica, Aldrovandi espresse disistima verso le ambizioni intellettuali di Pastarino, deridendolo davanti a numerosi studenti:

La sete di conoscenza e le aspirazioni accademiche dell’artigiano Pastarino, che evidentemente non aveva dimenticato la passione per gli studi, apparivano come una forma di inaccettabile arroganza agli occhi di Aldrovandi, che in quella stessa occasione definì sprezzantemente gli speziali bolognesi «asini che suonano la lira». Inoltre, il naturalista riteneva Pastarino responsabile di aver fomentato divisioni («zizanie») fra i dottori del collegio medico. In realtà, al di là delle inevitabili tensioni personali, i gravi motivi di attrito fra i medici collegiati derivavano soprattutto dalla redazione dell’antidotario, pubblicato nel 1574, e dalla posizione dominante di Aldrovandi stesso all’interno del collegio riconosciuta anche economicamente dal Senato [Olmi, 1977, p. 205] [Baldacci, 1907, p. 14-15]. Ulteriori motivi di dissidio fra medici e speziali scaturivano dai reiterati tentativi delle autorità cittadine di regolamentare le attività farmaceutiche.

La crisi esplose nel 1575 con la disputa sulla teriaca, nel cui contesto va inserita la prima pubblicazione di Pastarino, il Ragionamento sopra l'arte della speciaria [Fantuzzi, 1786, vol. 9, p. 318]. Le tensioni, già acute dopo una preparazione pubblica di teriaca tenuta da Aldrovandi nel 1574 presso la spezieria di San Salvatore, precipitarono l’anno seguente. Quando gli speziali convocarono i protomedici Aldrovandi e Antonio Maria Alberghini alla spezieria del Melone per supervisionare l’uccisione delle vipere necessarie alla teriaca, questi negarono l’approvazione giudicando gli animali inadatti, impedendo di fatto la produzione del medicamento. Ne scaturì un conflitto pluriennale che vide contrapposti la maggioranza dei medici del collegio e la compagnia degli speziali, Pastarino incluso, contro Aldrovandi e Alberghini, che furono espulsi dal collegio. La controversia si risolse solo con l'intervento del pontefice, interpellato da Aldrovandi stesso a Roma, che reintegrò i due medici.

Pubblicato nel 1575, in piena tempesta, Il Ragionamento di Pastarino è di fatto una supplica al Senato bolognese che tenta di ristabilire l’onore dell’autore e della propria arte e di difenderne l’immagine e gli interessi. Nella decisione del Pastarino di prendere la penna riconosciamo l’atteggiamento dei molti artigiani di età moderna che scrivono ‘dalla’ propria posizione sociale, per difenderla, con in mente la propria città – il bacino di lettura che ragionevolmente possono pensare di avere – e aspettandosi di venir letti perché consapevoli dell’autorevolezza e del rispetto conquistati [Amelang, 1998, p. 211-224]. Il Ragionamento presenta la spezieria come un’attività liminale a cavallo fra medicina, mercanzia e pietà rispondendo alle tensioni locali e restituendo un vivo spaccato delle pratiche e dei modelli di riferimento. Per Pastarino gli speziali sono esperti di materia medica che assolvono un ruolo necessario e fondamentale e si trovano invece a doversi difendere. La dimensione mercantile dell’attività speziale, oggetto di non poche critiche, viene considerata da Pastarino, ma sminuita a vantaggio del lavoro di cura e assistenza che è esaltato e rivestito di toni caritatevoli. In questo modo Pastarino presenta se stesso e gli speziali come componenti vitali della società, in un testo costruito sapientemente attingendo dall’arsenale retorico delle virtù civiche, della Bibbia e della letteratura professionale [Di Gennaro Splendore, 2017].

A dispetto del titolo il successivo lavoro del Pastarino, Preparamento del Pastarino per medicarsi in questi sospettosi tempi di peste, non tratta di spezieria ma si inserisce nella foltissima messe di pubblicazioni dedicate alla peste del biennio 1575-1577 [Cohn, 2010]. Diviso in tre parti, il libretto definisce la peste e ne tratta l’eziologia e la profilassi in chiave religiosa e moraleggiante. Il testo riprende la lettera episcopale del cardinale Paleotti, di poco precedente, caricandola di toni apocalittici [Paleotti, 1580]. Per il Pastarino non sono le medicine a mancare a Bologna, ma la moralità dei cittadini, motivo per cui l’ira divina infierirà sulla città punendola per i suoi peccati. La peste come punizione divina era una visione condivisa da molti suoi contemporanei. Per prevenire la peste bisognava «chiudere» e «disseccare» sia il corpo, sia lo spirito, sia la città, visti come elementi di un continuum. Infatti, per evitare che il contagio «entri» bisognava tenere chiuse le porte della città, non ospitare gli stranieri, ma anche chiudere gli occhi e le orecchie in modo che non potessero entrare parole o immagini peccaminose. Il corpo dell’individuo e il corpo della comunità saranno protetti e curati seguendo la stessa logica della chiusura e dell’essicazione [Pastarino, 1577]. Scritto nella primavera del 1577.e pubblicato nello stesso anno per i tipi di Giovanni Rossi, Preparamento è stato considerato fra le edizioni più belle o notevoli del periodo. Stampato in «bellissimo» carattere cancellerescoha una marca tipografica che verrà usata quest’unica volta: la frase dall’Ecclesiastico «A Deo est omnis medela» inserita in un ovoide sorretto da due fauni [Sorbelli, 2003, p. 211].

Infine nel 1584, dal suo ritiro «in questo mio picciol podere di Pescarola», Filippo scrive Istruttione sopra la universal peste e frenetico morbo d’amore [Pastarino, 1584, p. 1] [Fantuzzi, 1786, vol. 9, p. 318]. Passata è la peste col suo strascico di morte, passati i veleni, Aldrovandi è stato riconfermato dal papa alla guida della vita medica della città. Passata anche la spezieria, dove il figlio Giovanni Antonio prosegue negli affari e negli affanni. «Perché far trattati sopra alla peste, e sopra de’ veneni, e non fare pure rinomanza del maggior veneno, né della più crudel peste, che al mondo sia?» A 75 anni Pastarino scrive dell’«amore carnale & sfrenato». Il breve trattato si inserisce nell’ampio filone cinquecentesco della trattatistica amorosa di derivazione platonica e ficiniana, che tratta diversi tipi di amore (per la divina bellezza, matrimoniale, del generare figli, come forza spirituale che attiva l’universo) e vede i risultati più alti all’inizio del secolo con Bembo, Mario Equicola e Leone Ebreo [Pozzi, 2007] [Lorenzetti, 1917, p. 76] [Rosi, 1889, p. 20]. Per Pastarino l’amore carnale è in tutto e per tutto una malattia che «ci infetta tutti… e ci tramuta in bestie» [Pastarino, 1584, p. 4-6]. Di conseguenza l’Istruttione ripropone l’architettura logica del Preparamento: descrive le cause della malattia, spiega come ci si ammala, individua chi sia più soggetto a caderne vittima, e chi siano gli untori (le donne) e infine indica dei rimedi. Il testo deriva dai capitoli IV-XII dell’Oratione VII di Marsilio Ficino. Ficino, e Pastarino con lui, individuano nella «leggerezza» del sangue dei giovani il motivo per cui lo spirito del sangue giovane sale facilmente agli occhi, che sarebbero l’organo attraverso il quale più facilmente avviene il contatto d’amore [Ficino, 1998, p. 141-145]. I diversi temperamenti o «nature» (collerica, flemmatica, melanconica, sanguigna – quest’ultima la più soggetta al morbo d’amore) vengono descritte in rapporto alla malattia. Le donne sono coloro «ch’altri infettano», e in particolar modo le donne «che tengono una certa vivacità masculina». I rimedi contro questo tipo di amore «niente li faccio differenti dalli rimedij che si usano nell’altr’infermitadi». Dunque, per Pastarino bisogna soprattutto purgarsi, in questo caso stare a distanza dalla persona amata, e ripulire i pensieri per far «nuovo sangue» [Pastarino, 1584, p. 17- 21]. Pastarino però non segue Ficino quando questi tratta dell’amore fra uomini (capitolo IX). Come nel Preparamento, la teoria degli umori insieme alla metafora dell’espulsione del male dal corpo fisico e metaforico si uniscono in una ermeneutica totalizzante che funziona a spiegare e «risolvere» malattia, vita spirituale, e amore carnale senza sostanziali differenze.

Tutta la vicenda di Pastarino, in particolare il Ragionamento, arricchisce la nostra conoscenza sulla disputa della teriaca esplicitando la posizione degli speziali, che vivevano con preoccupazione la crescente presenza delle istituzioni nelle questioni farmaceutiche. La sua scelta di pubblicare, inusuale per uno speziale dell’epoca, riflette tanto la formazione umanistica quanto la necessità di difendere la dignità della propria arte. Alleanze e rapporti fra i medici del collegio e speziali potevano essere scissi solo dal pontefice e dalla determinazione di Aldrovandi. I tre trattatelli di Pastarino possono essere inseriti, come trattatistica professionale, religioso-moralistica e amorosa, in quella letteratura che nel Cinquecento, a partire dal modello de Il cortegiano di Baldassar Castiglione, si dirama in numerosissimi rivoli. È possibile che Pastarino esprimesse idee condivise nell’ambiente mercantile e dei ceti medi della città ma è difficile valutare quanto fosse letto [Camporesi, 1980, p. 87]. Seppur nella sua generale mancanza di originalità, la produzione di Pastarino restituisce la vivacità della rielaborazione personale di temi all’ordine del giorno, ma soprattutto l’orizzonte culturale di uno speziale colto e informato, le sue letture, la sua visione della professione e della società in cui operò.

Fonti manoscritte e archivistiche

ACAB, 1506-1510 = Archivio della Curia Arcivescovile di Bologna, Registro Parrocchiale n. 6, 1506-1510, p. 182.

ACAB, 1532-1533 = Archivio della Curia Arcivescovile di Bologna, Registro Parrocchiale n. 13, 1532-1533, nn.

ASB, 1580 = Archivio di Stato di Bologna, Studio 197 Miscellanea Protomedicatus, 20 aprile 1580.

ASBa = Archivio di Stato di Bologna, Assunteria d’arti, Notizie sopra gli Speziali.

ASBb = Archivio di Stato di Bologna, Capitano del popolo, Società d’arti, Libri matricularum vol. 4.

BCAB = Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna, ms. B.4266, Nomi, cognomi e stemmi dei Signori di Collegio (Tribuni della Plebe e Massari delle Arti) dall'ultimo quadrimestre 1583 al primo quadrimestre del 1618.

BUB = Biblioteca Universitaria di Bologna, Ms. Aldrovandi 21, tomo III.

Opere di Filippo Pastarino

Pastarino, 1575 = Ragionamento sopra l’arte della specieria, Bologna, per Giovanni Rossi, 1575.

Pastarino, 1577 = Preparamento del Pastarino, per medicarsi in questi sospettosi tempi di peste, Bologna, per Giovanni Rossi, 1577.

Pastarino, 1584 = Istruttione sopra la universal peste e frenetico morbo d’amore, Bologna, per Giovanni Rossi, 1584.

Opere coeve

Compagnia degli Speziali di Bologna, 1690 = Compagnia degli Speziali di Bologna, Riforma de’ statuti dell'onoranda Compagnia de’ Speziali di Bologna, Bologna, per Giuseppe Longhi, 1690.

Collegio dei Medici di Bologna = Collegio dei Medici di Bologna, Conventioni fra l’ecc.mo Collegio de’ medici, et la honorabile Compagnia delli speciali medicinalisti di Bologna, Bologna, Vittorio Benacci, 1606.

Ficino, 1998 = Ficino Marsilio, Sopra lo amore, ovvero Convito di Platone, a cura di Giuseppe Rensi, Milano, Edizioni Es, 1998.

Paleotti, 1580 = Paleotti Gabriele, Episcopale Bononiensis Ciuitatis, et Diocesis. Raccolta di varie cose, che in diuersi tempi sono state ordinate da monsig. illustriss. & reuerendiss. cardinale Paleotti vescovo di Bologna. Per lo buon governo della sua città, & diocese, Bologna, Alessandro Benacci, 1580.