Giovanni Michele Milani (Roma, ? - giugno, 1689)
Radboud University Nijmegen (Paesi Bassi) Università degli Studi Roma Tre fiammetta.iovine@ru.nl
Received 2/10/2024 | Accepted 18/10/2024 | Published online 30/06/2025
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Procuratore nella Curia romana, nelle more della professione legale, oltre all’esercizio della poesia, Milani fu «uomo grandemente scienziato ed in particolare nelle moderne filosofie» [Crescimbeni, 1710, p. 347-348]. Benché di lui si conosca assai poco, la familiarità con le «mattematiche pratiche» gli è riconosciuta fin dalla gioventù [Bonini, 1665, p. 120], ed è certo che fu ascritto a numerose accademie romane. Tra queste: i Simposiaci [Maylender, 1926-1930, vol. 5, p. 182-186], che guardavano con favore all’atomismo, per i quali Milani compose il discorso Aristotele prigione per la lanterna proibita intorno al 1665-1670 (pubblicato ante 1697); gli Umoristi [Maylender, 1926-1930, vol. 5, p. 172-180], celeberrima istituzione letteraria patrocinata dalla Corte [Partivalla, 1667]; gli Infecondi [Maylender, 1926-1930, vol. 5, p. 370-381], promossi dal cardinale Felice Rospigliosi (1633-1688) [Milani, 1684, p. 165]; i Disuniti [Maylender, 1926-1930, vol. 2, p. 212-213], cooptati dal cardinal Pietro Ottoboni (1667-1740) [Milani, 1688, p. 46]. Milani fu aggregato anche all’Accademia Fisico-matematica fondata da Giovanni Giustino Ciampini [Leonio, 1710, p. 217; Rotta, 1990; Favino, 2008], frequentò probabilmente il Congresso medico romano in casa di Girolamo Brasavola (1628-1705) [Rotta, 1990; Donato, 2003], e fece parte dell’entourage di Cristina di Svezia, cui nel 1685 dedicò La Luce, la sua maggiore opera poetica (pubblicata nel 1698).
Seguendo le orme di Galileo (1564-1642), Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679), Francesco Redi (1626-1697), Luca Antonio Porzio (1639-1723) – tra gli autori che esplicitamente cita – ma senz’altro debitore di Descartes e Gassendi, Milani riuscì a tradurre il dibattito scaturito dal nuovo sapere scientifico in due originali prove letterarie, a distanza di circa venti anni l’una dall’altra. Se il discorso Aristotele prigione ha la funzione di contrastare un peripatetismo acritico ormai insostenibile, La Luce propone un sistema filosofico alternativo, una (meta)fisica della luce, in cui il corpuscolarismo e la moderna meccanica dei moti risultano intrinsecamente conciliabili con le Sacre Scritture [Iovine, 2023]. Milani morì «in età ancor fresca e robusta» nel giugno 1689. Entrambe le sue opere conosciute furono pubblicate postume, con falsi dati di stampa.
Il discorso Aristotele prigione per la lanterna proibita [Donato, 2000, p. 28n; 2009a, p. 157; Iovine, 2023, p. 174-180] testimonia dello scetticismo di Milani nei confronti della filosofia aristotelica. In un allestimento retorico che si richiama al Boccalini, Aristotele è arrestato in Parnaso. Gli si contesta l’inconsistenza dei suoi tre principi fisici (materia prima, privazione, forma) e l’arroganza nell’aver criticato la setta degli atomisti su basi tanto deboli. Sulla materia prima, poi, Aristotele si contraddice: talora la dice non estesa, assimilabile a un punto, talora invece la dichiara infinitamente divisibile. In questo paradosso, tuttavia, si cela la soluzione che Milani sembra indicare: la materia di Aristotele, opportunamente reinterpretata, non è incompatibile con l’atomismo, e può anzi essere funzionale a una descrizione matematica dei fenomeni naturali. Con acuta prospettiva storiografica, Milani restituisce Aristotele al suo tempo, mentre l’orientamento copernicano (e galileiano) del discorso non compromette la possibilità di un incontro tra filosofia naturale antica e moderna.
Tra il novembre 1680 e il febbraio 1681, Milani è coinvolto con illustri membri dell’Accademia Fisico-matematica (tra cui il fondatore Ciampini, il gesuita Francesco Eschinardi, il matematico Domenico Quartaroni, l’esperto di strumenti ottici Marco Antonio Cellio) nell’osservazione della cometa apparsa nel cielo di Roma. La «rara atque munifica comitas» di Milani è determinante per aprire al gruppo la celebre specula di Palazzo Orsini Taverna, la loggia più alta nel centro di Roma [Accademia Fisico-matematica, 1681, p. 9]. Grazie ai buoni uffici di Milani, che abita in quel palazzo, l’Accademia poté osservare anche la cometa visibile a Roma nel 1682 [Ciampini, 1682, p. 7].
In questi anni Milani stringe anche rapporti con il Congresso medico romano e con il circolo intorno a Cristina di Svezia e alla sua Accademia Reale. Queste relazioni esercitano sicura influenza sull’evoluzione del suo pensiero fino a condurlo agli esiti originali della Luce, con la sua «cosmologia corpuscolare e metafisica platonizzante» [Donato, 2009b, p. 245], che riflette l’interesse del dibattito medico corrente verso una «fisiopatologia circolatoria» [Donato, 2003, p. 77].
Composta nel 1685, la canzone in 83 stanze è indirizzata alla regina di Svezia, cui Milani dedica un lungo encomio proemiale, ma l’opera è idealmente rivolta al medico e anatomista Francesco Redi – fondatore dell’Accademia del Cimento, arciconsolo dell’Accademia della Crusca e membro dell’Accademia Reale di Cristina dal dicembre 1684 – che vi è celebrato come il «Tosco Ermete» [Milani, 1698, 10]. Con Redi, principale promotore della sua fatica poetica, Milani sviluppa un contatto epistolare nella seconda metà del 1685 [Manzoni, 1871; BML, 1685a, 1685b; Iovine, 2023] tramite il giovane medico messinese Giovanni di Tommaso, e grazie a Stefano Pignatelli (1635-1686) accademico reale e agente di Cristina a Roma [BML, 1885c]. Giovanni era figlio del più noto Lorenzo, medico e anatomista, discepolo e collaboratore di Borelli [Moscheo, 1992;Favino, 2022] e come questi riparato a Roma in seguito alle rivolte antispagnole degli anni Settanta [Bertoloni Meli, 1996]. Scomparso nel 1684, Milani ricorda Lorenzo quale uomo sapientissimo nelle scienze anatomiche e matematiche [Milani, 1698, p. 41], e forse lo ascoltò al Congresso medico romano dove questi tenne alcune lezioni [Congresso medico romano, 1682, p. 6, 7, 9, 14], tra cui, significativamente, una sulla luce (18 agosto 1681). Fu però Redi a incoraggiare Milani a proseguire La Luce, tanto da essere identificato come l’autore della prefazione anonima «A chi leggerà» [Manzoni, 1871, p. 239] nel volume a stampa. In alcuni esemplari manoscritti [BNCF; UUniv], tuttavia, la prefazione è firmata «D.G.M.M.», verosimilmente «Di Giovanni Michele Milani». Le Annotazioni di Milani che illustrano i luoghi più ostici del poema, compaiono, invece, solo nei testimoni a stampa.
Secondo l’anonimo prefatore, Milani «ha per lungo tempo avuta intenzione di spiegare la filosofia di Democrito, e degli altri seguaci colla dovuta moderazione e adattamento alla verità cristiana, e con qualche diversità da quelli circa il principio de’ moti» [Milani, 1698, p. I], poiché «suppone colle nuove scuole migliori, che tutte le operazioni della natura si faccino per via meccanica» [Milani, 1698, p. III]. Milani afferma che il mondo è creato da Dio ed è costituito di atomi o corpuscoli – «quelle prime parti, che dal non essere passano all’essere» [Milani, 1698, p. IV] – che egli suppone di due tipi: gli atomi della luce, sferici e omogenei, in moto, e privi di peso; e gli atomi della materia, di forme varie, in quiete, e dotati di peso. Proprio facendo leva sul dogma teologico della creazione, Milani supera i due maggiori inconvenienti dell’atomismo. Non solo la creazione esclude che gli atomi esistano ab aeterno, ma ponendoli in essere – nella congerie caotica in cui le due specie sono confuse tra loro – assegna loro anche un luogo, cioè uno spazio ‘vuoto’; tale vuoto non esiste prima della creazione e, anzi, ne è istantaneamente riempito, perché in actu è sempre pieno di materia e/o luce.
Per comando divino, la luce emerge scrollandosi di dosso gli atomi della materia; gli atomi luminosi si uniscono tra loro per formare il Sole (e le stelle) a causa di un innato «desiro, / Se desir è, che simpatia s’appella, / Genio, appetenza, amor, forza di stella» [Milani, 1698, p. 14]. Il Sole è luce concentrata che, come tale, comincia a bruciare, irraggiandosi per linee rette come luce rarefatta. I pianeti, i loro moti e le loro orbite sono effetto del Sole che, emettendo continuamente luce, spinge gli atomi di materia a conglomerarsi in forme sferiche per effetto, appunto, del duplice moto di rotazione e rivoluzione che gli stessi atomi luminosi imprimono loro costantemente. La distinzione aristotelica tra fisica superlunare e sublunare viene meno: i cieli sono ‘fluidi’ in quanto attraversati dalla luce, i pianeti sono della stessa materia della Terra e, anzi, la luce fa leva sulle loro scabrosità per imprimere loro il moto. Decadono i luoghi naturali della fisica aristotelica poiché il moto è unicamente determinato dalla luce. Anche la Terra, ammette Milani, dovrebbe muoversi attorno al Sole, come gli altri pianeti, ma l’insindacabile comando divino l’ha posta al centro dell’universo. Si tratta dell’unica eccezione alle leggi della «luce architettonica» di Milani, che si risolve nell’esplicita adozione della cosmografia ticonica. Nessuna difficoltà, invece, per la suggestione di matrice bruniana che potrebbero esistere altri mondi e altri popoli nell’universo; l’onnipotenza di Dio ne sarebbe infatti accresciuta, non limitata.
In fisica e biologia, tutti i moti possono essere spiegati meccanicamente, in accordo con la scuola galileiana. Un corpo non si muove se non è mosso, quando l’impulso al movimento impresso dalla luce vince la sua gravità; i diversi pesi dei corpi nel continuo – e dunque anche le leggi dell’idrostatica per cui sono ricordati Archimede, Galileo, Borelli – dipendono dalla quantità degli spazi ‘vuoti’ che sono loro frammisti, occupati cioè dagli atomi luminosi. Oltre alla luce solare, come agente macrocosmico esterno, tra gli atomi di materia restano sempre imprigionati atomi di luce che agiscono nel cambiamento e nella dissoluzione dei corpi.
La gnoseologia di Milani si libera delle forme sostanziali e delle qualità occulte riconducendo le qualità secondarie a effetti del contatto degli atomi con gli organi di senso. Per esempio, seguendo Descartes [1637] e Gassendi [1658, I, 435B], pur senza citarli, Milani spiega che la visione è l’effetto della proiezione sulla retina della luce riflessa dagli oggetti, e che i colori dipendono dai diversi angoli di riflessione della luce. Sul piano epistemologico, Milani stabilisce una rigida separazione tra fede e ragione. L’unica conoscenza possibile all’uomo è quella sensibile, pertanto non si può conoscere Dio se non per fede. Dio ha rivelato all’uomo la religione e la morale, ma la conoscenza della natura resta una faticosa conquista della storia umana che parte dall’esperienza e procede per causas.
La Luce è l’unica canzone di una trilogia di poesie filosofiche, alla maniera di Lucrezio, che Milani aveva a piano di realizzare. Il 15 dicembre 1685, Milani informava Redi di aver posto mano ad altre due canzoni, una «sopra li moti naturali de’ gravi e degl’impulsi dai quali credo che nascano tutte le cose in ciascun globo, e l’altra sopra l’uomo», ma di averne stracciato gli abbozzi [BML 1685a]. Redi accolse il poema con entusiasmo e ne condivise la lettura a Pisa con uno scelto congresso di medici e filosofi neoterici: Lorenzo Bellini, Alessandro Marchetti, Diego Zerillo, Giuseppe del Papa, Tommaso Frosini, Giuseppe Zambeccari, Pascasio Giannetti, e un «Signor Averani», probabilmente Benedetto Averani, autore di una Difesa per il Sig. Galileo Galilei (edita da A. Favaro nel 1883) [Manzoni, 1871, p. 230]. A Federigo Nomi, celebre latinista, Redi scriveva che La Luce «è una delle belle cose che mai in questo genere sia stata fatta; perché l’Autore via ha messo tutta la moderna, e l’antica filosofia con una evidenza, e chiarezza miracolosa» [Redi, 1809-1811, vol. 6, p. 289]. Cristina di Svezia, per parte sua, ricevette Milani personalmente e lo onorò di un lungo discorso [BML, 1685a].
L’universo meccanico di Milani non esisterebbe, tuttavia, senza la «simpatia», o attrazione, tra gli atomi di luce che ricorda l’appetentia naturalis partium con cui Copernico spiega la formazione delle stelle e dei pianeti [Copernico, 1543, p. 7]. Del pari, la luce agisce come una sorta di anima del mondo platonica o di anima motrix di Keplero [1596, 71]. Inoltre, il modello meccanicistico adottato appare insieme vitalistico laddove La Luce istituisce un’analogia tra il sistema cardio-circolatorio, della cui cognizione Milani si dice debitore di Lorenzo di Tommaso [Milani, 1698, p. 40], e la circolazione della luce universale. In virtù di un sistema circolatorio luminoso cosmico, la luce tornerebbe al Sole risarcendolo costantemente degli atomi emessi. L’ipotesi permette di ovviare alla nota criticità del pabulum solare, ma reintroduce sottilmente anche l’analogia platonica tra macrocosmo e microcosmo, fondamento, oltre che della magia naturale, anche dell’opera alchemica e della medicina paracelsiana.
Sono state rilevate alcune notevoli somiglianze tra la (meta)fisica della luce di Milani e le dottrine alchemiche dell’amico Giuseppe Giusto Guaccimanni (1652-1705), corrispondente di Redi [BML, 1685a; BML, 1685b] e familiare di Cristina di Svezia, esposte nei suoi manoscritti Dialoghi eruditi [Iovine, 2023]. Condividendo molte frequentazioni e appartenendo entrambi all’Accademia degli Umoristi – il cui emblema si voleva espressione dell’adesione dell’istituzione a una sorta di atomismo alchemico [Iovine, 2024] – sembra convincente l’ipotesi che Milani e Guaccimanni percorressero strade convergenti. È probabile che gli esiti delle loro rispettive prove scientifiche e letterarie fossero ispirate dalla febbrile ricerca di Cristina di Svezia di una sintesi tra la fisica dei neoterici e le dottrine alchemiche, entro una cornice metafisica cristiana. Fu forse Guaccimanni, che aveva seguito a Roma la composizione della Luce, a curarne la stampa postuma clandestina nel 1698 (convenientemente dopo la morte del Redi), in un clima romano assai più cauto in seguito allo scioglimento del Congresso medico romano [Donato, 2003].
Fonti manoscritte e archivistiche Fonti manoscritte di Giovanni Michele Milani
BAVa = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), ms. Vat.lat.15118, Aristotele prigione per la lanterna proibita, p. 17-48 (apografo).
BAVb = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), ms. Vat.lat.15118, Per la Madonna Santissima della Neve. Discorso Recitato nell’Accademia de gl’Infecondi di Roma in S. Carlo de’ Catinari da Gio. Michele Milano, p. 292-302 (apografo).
BNC = Roma, Biblioteca Nazionale Centrale (BNC), ms. Ges. 54, Componimenti poetici per la liberatione di Vienna dall’armi ottomane nell’anno 1683, raccolti da Gio. Antonio Moraldi Romano, Tomo primo, due sonetti, p. 175-176 (apografo).
BML, 1685a = Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana (BML), Redi, ms. 214, lettera a Francesco Redi (autografa), cc. 264rv (Roma, 15 dicembre 1685).
BML, 1685b = Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana (BML), Redi, ms. 216, lettere a Francesco Redi (autografe): cc. 366r-367r (Roma, 4 agosto 1685); 375rv (Roma, 22 settembre 1685); 379rv (senza data).
Esemplari manoscritti de La Luce
BAVc = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), ms. Ferr. 6, cc. 34r-60r.
BAVd = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), ms. Urb.lat. 1687, cc. 92r-106v (forse autografa).
BNCF = Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale (BNCF), Magliabechiano, ms. Magliab. VII, 871, cc. 100r-124v.
BM = Firenze, Biblioteca Moreniana, ms. 193, cc. 1r-25v.
BMC = Venezia, Biblioteca del Museo Correr, ms. Correr 972/6, cc. 1r-26v.
UUniv = Svezia, Uppsala Universitet, ms. V 296 (sulla carta di guardia: «Alle manj di Sig. dottore Lorenzo Bellini»).
Altre fonti manoscritte
BML, 1685c = Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e Doni, ms. 201, lettera di Stefano Pignatelli a Francesco Redi (Roma, 11 agosto 1685), cc. 11rv.
Opere di Giovanni Michele Milani
1667 = All’Illustrissimo Signore Filippo Mancini Duca di Nivers, lettera dedicatoria (Roma, 16 agosto 1667), in Partivalla, 1667 = Partivalla Bartolo, Applauso epitalamico per le nozze di Leopoldo invittissimo Imperator de’ Romani […], Roma, Paolo Moneta, 1667.
1684 = Un sonetto in: Poesie de’ Signori Accademici Infecondi di Roma per le felicissime vittorie riportate dall’Armi Christiane contro la potenza Ottomana […], Venezia, Gio. Giacomo Hertz, 1684, p. 165.
1686 = Un sonetto in: Poesie di diversi autori per la gloriosa conquista fatta dall’armi cesaree della real città di Buda […], a cura di Giuseppe Ambrogio Maietta, Roma, Gio. Giacomo Komarek, 1686, p. 143.
1688 = Un sonetto in: Accademia dei Disuniti, Applausi poetici al valore del Serenissimo Francesco Morosino generalissimo dell’Armi Venete assunto Doge […], Roma, Giuseppe Vannacci, 1688, p. 46.
1697 = Aristotele fatto prigione per la lanterna prohibita di Michel Milani romano, Amsterdam, s.e., s.d. [ante 1697: si veda Galleria di Minerva, Venezia, Girolamo Albrizzi, 1697, t. 2, p. 363].
1698 = La Luce. Canzone di Gio. Michele Milani romano Accademico Umorista. Dedicata alla Sacra Real Maestà di Cristina Regina di Svezia. Aggiuntevi in fine alcune poche annotazioni dello stesso autore, Amsterdam [ma Roma], Henrico Starckio, 1698.
Opere coeve
Accademia Fisico-matematica, 1681 = Accademia Fisico-matematica, Cometicae observationes […], Romae, Typis Tinassij, 1681.
Bonini, 1665 = Bonini Filippo Maria, L’ateista convinto dalle sole ragioni, Venezia, Niccolò Pezzana, 1665.
Ciampini, 1682 = Ciampini Giovanni Giustino, Discorso tenuto da N.N. nell’Accademia Fisicomatematica romana. Con occasione della cometa apparsa il mese d’Agosto del presente anno 1682 ed osservazioni sopra di essa fatte in Roma, Roma, Nicol’Angelo Tinassi, 1682.
Congresso medico romano, 1682 = Catalogo del Congresso medico romano […] Dal 10° giorno di marzo 1681 fino all’8° di giugno 1682, Roma, Felice Cesaretti, 1682.
Copernico, 1543 = Nicolai Copernici Torinensis De reuolutionibus orbium coelestium, Libri 6 […], Norimberga, apud Iohannem Petreium, 1543.
Crescimbeni, 1710 = Giovanni Michele Milani, inCrescimbeni Giovanni Mario, Comentarj […] intorno alla sua Istoria della Volgar Poesia, Roma, Antonio de’ Rossi, 1710, vol. 2, pt. 2, p. 237-238.
Descartes, 1637 = René Descartes, Discours de la methode pour bien conduire sa raison, et chercher la verite dans les sciences. Plus la dioptrique. Les météores. Et la geometrie. Qui sont des essais de cete methode, Leyde, Ian Maire, 1637.
Gassendi, 1658 = Petri Gassendi […] Opera omnia in sex tomos divisa […], 6 vol., Lugduni, sumptibus Laurentij Anisson et Ioannis Baptistae Devenet, 1658.
Keplero, 1596 = Prodromus dissertationum cosmographicarum, continens Mysterium cosmographicum […], Tubingae, Georgium Gruppenbach, 1596.
Leonio, 1710 = Leonio Vincenzo, Vita di Monsig. Giovanni Giustino Ciampini […] in Vite degli Arcadi illustri, a cura di Giovanni Mario Crescimbeni, Roma, Antonio de’ Rossi, 1710, p. 195-254.
Partivalla, 1667 = Partivalla Bartolo, Applauso epitalamico per le nozze di Leopoldo invittissimo Imperator de’ Romani […], Roma, Paolo Moneta, 1667.
Redi, 1809-1811 = Redi Francesco, Opere, 9 vol., Milano, Società tipografica dei classici italiani, 1809-1811.
Vidussi, 1735 = Vidussi Giuseppe Maria, Le giuste, e legitime discolpe di Aristotele che fu fatto prigione per la Lanterna proibita. Dissertazione geniale […], Venezia, Domenico Lovisa, 1735.