N.1 2025 - Scientia | Giugno 2025

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GianCarlo Ghirardi (Milano, 1935 - Grado, 2018)

Andrea Oldofredi

Centro di Filosofia (LanCog), Università di Lisbona aoldofredi@letras.ulisboa.pt

Received 21/10/2024㇑Accepted 30/12/2024㇑Published online 30/06/2025

L’autore desidera ringraziare sentitamente Angelo Bassi, Emilia Margoni, e Olga Sarno per gli utili commenti e suggerimenti. Infine l’autore riconosce il supporto economico dell'ente portoghese Foundation for Science and Technology (Grant no. 2023.07796.CEECIND).

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Uno dei più brillanti e influenti fisici teorici italiani del secondo Novecento, GianCarlo Ghirardi ha contribuito grandemente allo studio dei fondamenti della meccanica quantistica proponendo, insieme ai colleghi Alberto Rimini e Tullio Weber, una formulazione alternativa della teoria dei quanti in grado di risolvere i maggiori problemi formali e concettuali che affliggono l'interpretazione standard. La teoria universalmente conosciuta come Ghirardi-Rimini-Weber (GRW) ricopre un ruolo di rilievo nelle discussioni contemporanee sul significato fisico e le implicazioni ontologico-epistemologiche del formalismo quantistico. È altresì importante sottolineare la valenza culturale dell’opera di Ghirardi che, inserendosi in un contesto accademico in cui gli studi sugli aspetti fondazionali della teoria quantistica non godevano dell’attenzione e dell’importanza che hanno oggi, risulta invece essenziale per il loro sviluppo, dando impulso anche alla nascita di nuove generazioni di ricercatori in questo ambito. A riprova di ciò basti ricordare che egli compare tra i membri fondatori della Società italiana di fondamenti della fisica (SIFF), per la quale ricoprì anche il ruolo di presidente. L’eccellenza dei contributi scientifici e dei suoi metodi didattici valsero a Ghirardi numerosi riconoscimenti, tra questi possiamo ricordare il Sigillo d’argento conferitogli nel 2014 dall’allora presidentessa della Provincia di Trieste, mentre la straordinaria qualità della sua opera di divulgazione scientifica gli valse il premio Primo Rovis nel 1999, come ricordato in Michelini (2018). Inoltre, Ghirardi fu nominato Membre Titulaire dell’Académie International de Philosophie des Sciences, il più alto riconoscimento dato da questa prestigiosa istituzione.

GianCarlo Ghirardi nasce a Milano il 28 ottobre 1935 e si laurea in fisica presso l’Università statale della sua città nel 1959 sotto la guida di Piero Caldirola. Come ricorda Fabio Benatti, studente, collaboratore e poi collega di Ghirardi, quest’ultimo ricopre il ruolo di assistente di Istituzioni di fisica teorica a Trieste dal 1964 al 1976, dopo essere stato ricercatore presso il Consiglio nazionale delle ricerche (Ispra) nel 1959-1960, presso l’Istituto nazionale di fisica nucleare nella sezione di Milano dal 1961 al 1962, e presso l’Università di Parma nel 1962-1963. Dal 1976 Ghirardi fu professore ordinario a Trieste, ricoprendo le cariche di direttore dell’Istituto di fisica teorica e del Dipartimento di fisica, divenendo infine professore emerito presso la stessa istituzione, ruolo che ha mantenuto fino alla sua scomparsa avvenuta l’1 Giugno 2018 [Benatti, 2018]. Ghirardi fu inoltre membro del Centro internazionale di fisica teorica “Abdus Salam” di Trieste, contribuendo attivamente e costantemente al suo sviluppo, nonché per anni direttore e poi presidente del Consorzio per la fisica di Trieste.

Da sempre interessato agli aspetti formali e concettuali della teoria quantistica – sebbene la prima parte della sua carriera sia stata dedicata alla fisica nucleare – Ghirardi assiste nei primi anni Sessanta ad un seminario tenuto dal fisico Giovanni Maria Prosperi sul noto problema della misura, che si rivelerà per lui illuminante [Ghirardi, 2007]. A partire dalla relazione di Prosperi, infatti, Ghirardi inizierà a comprendere che il formalismo quantistico non è in grado di fornire una spiegazione per l’attualizzazione di risultati di misura se si assume che tutti i processi naturali siano governati dall’equazione di Schrödinger, la legge dinamica fondamentale della meccanica quantistica. Tale equazione, infatti, implica che le sovrapposizioni di stato che sussistono a livello microscopico – la teoria quantistica notoriamente ammette la possibilità che un dato sistema fisico si trovi in una certa combinazione lineare di stati – si amplifichino alla scala macroscopica (in molti scritti Ghirardi definisce tale difficoltà come «problema della macro-oggettificazione» [Ghirardi, 2007 ][Ghirardi, Bassi, 2020] ). Dal momento che tali sovrapposizioni di stati macroscopici non sono osservate, la meccanica quantistica introduce un’altra legge dinamica, il cosiddetto «collasso della funzione d’onda» – in tensione con l’equazione di Schrödinger – secondo cui l’interazione che avviene durante una misurazione seleziona ‘probabilisticamente’ uno dei potenziali risultati di misura, azzerando di fatto la possibilità di trovare il sistema misurato (e l’apparato di misura) in più stati simultaneamente. Come sottolineato in Bassi, Weber, Dürr [2018], l’interesse di Ghirardi per questioni fondazionali crebbe ulteriormente in seguito alla partecipazione alla Enrico Fermi School on the Foundations of Quantum Mechanics organizzata da Bernard D’Espagnat nel 1970 a Varenna – che vide tra i partecipanti eminenti figure come John Bell, Bryce De Witt, Josef-Maria Jauch, Constantin Piron, Franco Selleri, Abner Shimony, Eugene Wigner e Heinz-Dieter Zeh per citarne alcuni – e alla lettura del libro di quest’ultimo Conceptual Foundations of Quantum Mechanics pubblicato nel 1971.

Nel corso degli anni Sessanta e Settanta appare sempre più chiaro anche a Ghirardi ciò che molti autori, tra cui ad esempio Bell, David Bohm, D’Espagnat o Wigner, avevano già sottolineato: la teoria quantistica fornisce accurati algoritmi in grado di calcolare le probabilità che un certo risultato si verifichi, ma non dà alcuna caratterizzazione dei processi fisici che lo generano.

A partire dalla prima metà degli anni Settanta il problema della misura diviene centrale per il lavoro teorico di Ghirardi. Egli considerò insoddisfacente la soluzione proposta da Prosperi insieme ad Adriana Daneri e Angelo Loinger [Daneri, Loinger, Prosperi, 1962], in quanto essa non fornisce una descrizione fisica dei processi di misura, ma anzi tratta classicamente l’apparato di misurazione seguendo la tradizione Bohriana, implicando dunque una divisione insanabile tra mondo quantistico e mondo classico e ritenuta proprio per questo inadeguata da Ghirardi. In quegli anni inoltre si solidifica la collaborazione scientifica con i colleghi Rimini e Weber, con cui egli scrive numerosi articoli su vari temi come ad esempio sul significato della matrice densità nel formalismo quantistico [Ghirardi, Rimini, Weber, 1975a] [Ghirardi, Rimini, Weber, 1976a], sui processi quantistici di misura [Ghirardi, Rimini, 1982] [Ghirardi, Rimini, Weber, 1975b] [Ghirardi, Rimini, Weber, 1980] [Ghirardi, Rimini, Weber, 1982] [Ghirardi et al., 1981a] [Ghirardi et al., 1981b], o su possibili modificazioni della meccanica quantistica [Ghirardi, Rimini, Weber, 1976b] [Ghirardi, Rimini, Weber, 1985]. Queste ultime due tematiche assumono un ruolo di grande rilievo nella ricerca di Ghirardi, Rimini e Weber, culminando poi nella formulazione della teoria GRW nel celebre articolo Unified dynamics for microscopic and macroscopic systems, pubblicato il 15 luglio del 1986 sulla prestigiosa rivista “Physical Review D” [Ghirardi, Rimini, Weber, 1986]. Data l’importanza di questa teoria sia nel panorama dei fondamenti della meccanica quantistica sia nell’attività di ricerca di Ghirardi, proviamo qui a tracciarne brevemente i contorni pur senza pretesa di rigore formale o completezza.

Al fine di superare il problema della macro-oggettificazione Ghirardi e i suoi colleghi propongono delle modifiche stocastiche alla dinamica di Schrödinger – sulla scia dei modelli proposti negli anni Settanta e Ottanta da Philip Pearle, Lajos Diosi e Nicolas Gisin – mantenendo però quasi del tutto inalterati gli altri principi della teoria quantistica. Essi inoltre descrivono in maniera unificata – cioè con gli stessi postulati, concetti e leggi fisiche – sia sistemi microscopici che macroscopici, come risulta chiaro fin dal titolo del sopracitato articolo, in netto contrasto con la prospettiva filosofica di Niels Bohr. La cruciale assunzione alla base dell’approccio di Ghirardi, Rimini e Weber infatti è che oggetti macroscopici siano composti da particelle quantistiche e che dunque anch’essi debbano essere descritti dalle leggi della teoria quantistica che dunque ne governa il comportamento.

Per comprendere la complessità del problema affrontato da Ghirardi, è in prima istanza necessario domandarsi come possa essere modificata l’equazione di Schrödinger in modo tale da ottenere una descrizione empiricamente accurata dei processi microscopici, evitando però le indesiderate sovrapposizioni macroscopiche.

La difficoltà principale risiede nel fatto che tali modificazioni devono comportare variazioni minime per quanto concerne le previsioni su microsistemi, e variazioni decisamente notevoli per quanto riguarda i sistemi macroscopici, nei quali devono scomparire istantaneamente (o quasi) le sovrapposizioni di stato, riproducendo gli effetti del collasso della funzione d’onda. Com’è noto, l’equazione di Schrödinger prescrive un’evoluzione deterministica e lineare per i sistemi quantistici, mentre il processo del collasso – necessario per l’adeguatezza empirica della teoria – è intrinsecamente probabilistico. Ghirardi, Rimini e Weber propongono allora un’integrazione tra queste due leggi dinamiche per cui all’equazione di Schrödinger sono aggiunti parametri che descrivono processi non-lineari e stocastici.

Questo fatto ci permette di introdurre molto semplicemente l’idea centrale della loro teoria: le particelle quantistiche sono governate dall’equazione di Schrödinger ma possono subire processi spontanei di localizzazione nell’intorno di specifici punti dello spazio-tempo. Secondo questa ipotesi tali processi sono fondamentalmente probabilistici, cioè non sono dovuti a interazioni tra oggetti quantistici, né ad alcun tipo di cause. Nelle parole di Ghirardi troviamo la perfetta sintesi della teoria GRW: «l’idea è che lo spazio-tempo nel quale si svolgono i processi fisici esibisca alcuni aspetti fondamentalmente stocastici, casuali, che si traducono appunto in localizzazioni spontanee dei microscopici costituenti dell’universo» [Ghirardi, 2009, p. 364-365].

Il modello matematico elaborato da Ghirardi, Rimini e Weber descrive come, dove e quando avvengono tali localizzazioni spontanee. Senza entrare in dettagli tecnici, basti dire che non appena un processo fisico di localizzazione ha luogo, la funzione d’onda che descrive una particella che si localizza subisce un ‘collasso spontaneo’ ad opera di un’altra funzione – detta appunto ‘di localizzazione’ – che, moltiplicando la funzione d’onda di partenza, le fa assumere un valore preciso in un intervallo molto ristretto nell’intorno di un certo punto x, localizzando il sistema quantistico in tale punto e sopprimendo quelle parti della funzione d’onda che sono distanti dal centro x del collasso.

Dobbiamo inoltre notare che il modello GRW è costruito in maniera tale che gli eventi di localizzazione spontanea per un certo oggetto quantistico accadono con una probabilità estremamente bassa, secondo i parametri della teoria, un collasso avviene in media ogni 108 anni. In questo modo la dinamica delle particelle quantistiche è pressoché identica a quella della teoria quantistica standard. Aumentando però il numero di oggetti che compongono un certo sistema fisico cresce la probabilità che un evento di localizzazione abbia luogo.

Nel caso degli oggetti macroscopici, che tipicamente constano di 1024 particelle quantistiche, un collasso di una di queste avviene approssimativamente in 1016 secondi, per cui la funzione d’onda del sistema in questione subisce un processo di collasso spontaneo circa ogni 10-8 secondi, cioè ogni secondo avvengono mediamente 108 collassi, mantenendo la funzione d’onda dell’oggetto macroscopico ben localizzata nello spazio [Bassi, Dorato, Ulbrich, 2023].

Ciò è dovuto al cosiddetto meccanismo di amplificazione (o trigger mechanism in inglese): non appena una delle particelle costituenti un dato sistema fisico subisce una localizzazione spontanea, la funzione d’onda dell’intero sistema viene istantaneamente localizzata in uno stato preciso.

La funzione di localizzazione assicura poi che altri elementi di un’eventuale sovrapposizione di stati macroscopici – conseguenza dell’equazione di Schrödinger – siano soppressi; in tal modo la funzione d’onda di un oggetto macroscopico risulta essere sempre ben localizzata. Dunque, in virtù della sua dinamica non-lineare e stocastica, la teoria GRW risolve la questione della macro-oggettificazione.

Ghirardi, Rimini e Weber propongono una soluzione analoga per il problema della misura: supponiamo di misurare una grandezza fisica su un dato sistema quantistico che si trova in una sovrapposizione di stati. Il sistema misurato e l’apparato di misura, inizialmente indipendenti, diventano correlati da una relazione di entanglement durante il processo di osservazione.

Se in meccanica quantistica standard la sovrapposizione di partenza si amplifica su scala macroscopica, nella teoria GRW questo non accade poiché le continue localizzazioni che avvengono alle particelle costituenti l’apparato di misura, distruggono o sopprimono tali sovrapposizioni di stato. L’apparato sperimentale e il sistema misurato dunque saranno in uno stato ben localizzato, e il loro stato finale dopo la misura corrisponderà al risultato dell’osservazione.

È utile precisare infine, come detto in apertura, che la proposta di Ghirardi, Rimini e Weber risulta particolarmente interessante poiché si propone come un’alternativa alla teoria dei quanti. A differenza delle altre ‘interpretazioni’ del formalismo quantistico – si pensi ad esempio all’approccio causale di Bohm o alla formulazione agli stati relativi di Hugh Everett – le sue predizioni differiscono leggermente da quelle della teoria standard, e sono dunque ‘falsificabili’ sperimentalmente.

Negli anni che seguono la pubblicazione del contributo del 1986 – e fino al termine della sua carriera – Ghirardi contribuisce a sviluppare e rifinire la teoria GRW. Già nel 1990 infatti egli ne propone una generalizzazione in collaborazione con Pearle e Rimini contribuendo a creare quello che oggi è noto come Continuous Spontaneous Localization Model [Ghirardi, Pearle, Rimini, 1990a]. Questo modello rimedia ad una caratteristica insoddisfacente della teoria GRW originale, ossia il fatto che la descrizione dei collassi spontanei non rispetti alcune importanti proprietà di (anti)simmetria della funzione d’onda nel caso di particelle identiche.

Più specificamente, dalla seconda metà degli anni Ottanta Ghirardi lavora continuamente a due importanti temi fondazionali che diverranno centrali nella sua ricerca: l’estensione relativistica della teoria GRW e la sua ontologia.

Per quanto concerne la prima questione è necessario evidenziare che la teoria originale sopra descritta non è relativistica, poiché alcuni principi della relatività ristretta non vengono rispettati, come ad esempio le simmetrie di Lorentz. In virtù dei collassi spontanei cui sono soggette le particelle quantistiche essa è anche non-locale, in accordo con quanto stabilito dal teorema di Bell, risultato che ebbe una profonda influenza sul pensiero di Ghirardi. È interessante notare che, nonostante la presenza di non-località nella teoria, non sia comunque possibile in questo contesto inviare informazioni a velocità maggiori di quelle della luce. Dunque, benché ci sia tensione tra il modello GRW e la relatività speciale di Einstein, non vi è una contraddizione tra la prima e l’assioma della costanza della velocità della luce che caratterizza la seconda.

A questo riguardo, ancora nel 1990 e in collaborazione con Renata Grassi e Pearle, Ghirardi propone un modello di teoria a collasso spontaneo le cui equazioni rispettano i requisiti imposti dalla teoria della relatività ristretta, e in particolare le trasformazioni di Lorentz menzionate poco sopra, dimostrando concretamente la possibilità di formulare una teoria a collasso spontaneo genuinamente relativistica [Ghirardi, Grassi, Pearle, 1990b]. Tale modello tuttavia conduce a diverse questioni tecniche indesiderate, come ad esempio problemi legati all’emergere di divergenze non trattabili [Ghirardi, Bassi, 2020] [Bassi, Dorato, Ulbrich, 2023]. Nonostante i limiti di questa proposta, si deve sottolineare lo sforzo costante di Ghirardi nel corso degli anni per trovare non solo una conciliazione, ma anche una sintesi tra la teoria einsteiniana e il teorema di Bell, dal momento che la non-località a suo avviso caratterizza essenzialmente il mondo quantistico, e quindi il nostro universo.

In un importante saggio pubblicato nel 2000 egli espone le condizioni che un modello a collasso spontaneo deve rispettare per accomodare i dettami della relatività speciale e al contempo includere la non-località quantistica [Ghirardi, 2000]. Nel 2014 inoltre, insieme ad altri autori, Ghirardi dimostra che una soddisfacente generalizzazione relativistica per teorie a collasso spontaneo può essere ottenuta se esse implementano un’ontologia di campo, secondo quanto proposto da lui stesso a metà degli anni Novanta [Bedingham et al., 2014]. Possiamo quindi sostenere che egli ha offerto importanti contributi alla ricerca di un modello relativistico per le teorie a collasso spontaneo, che infatti divenne un ambito di ricerca molto rilevante negli anni Novanta e rimane ancora oggi vivacemente discusso [Bedingham, 2011] [Dowker, Henson, 2004] [Tumulka, 2006].

Per quanto riguarda la seconda questione, l’ontologia, e ricollegandoci a quanto detto poco sopra, nel 1995 Ghirardi propone una modifica al contenuto fisico del modello GRW. Rendendosi conto dei problemi epistemologici derivanti da un’ontologia basata interamente sulla funzione d’onda, che ricordiamo essere una funzione complessa definita in uno spazio infinito-dimensionale, e delle difficoltà di spiegare la realtà fisica attraverso un tale oggetto matematico, egli propone un’ontologia di campo in cui le variabili fondamentali della teoria si riferiscono alla densità di materia nello spazio.

Secondo questa nuova proposta – inclusa in un celebre articolo scritto con Grassi e Benatti che ebbe una notevole risonanza tra fisici e filosofi della fisica – gli oggetti fisici microscopici e macroscopici possono essere considerati come delle configurazioni di campo, per cui la massa di tali oggetti si distribuisce in accordo con i valori assunti dal campo stesso, l’unica entità con un’interpretazione fisica nella teoria. In questo contesto la funzione d’onda assume un ruolo ontologicamente modesto, divenendo uno strumento matematico utile per descrivere l’evoluzione dinamica del campo di materia definito invece nello spazio fisico tridimensionale.

È rilevante sottolineare in chiusura come le questioni metafisiche ed epistemologiche abbiano avuto una grande importanza per la ricerca di Ghirardi [Ghirardi, 1997a]. Egli infatti ha sempre cercato di migliorare gli aspetti filosoficamente insoddisfacenti della teoria quantistica, come ad esempio l’ambiguità della sua ontologia, la vaga demarcazione tra regime microscopico e macroscopico, l’annoso problema della misura, oppure la conciliazione tra il formalismo quantistico e la nostra percezione del mondo fisico. I suoi sforzi nello studio dei fondamenti della meccanica quantistica sono stati ampiamente riconosciuti da filosofi della fisica, con cui Ghirardi fu in stretto contatto.

Infine, Ghirardi fu un grande divulgatore scientifico, basti pensare alla celebre monografia Un’occhiata alle Carte di Dio edita dal Saggiatore nel 1997 [Ghirardi, 1997b]. In questo libro, ancora oggi rilevante e di grande interesse, egli fu in grado di spiegare a un pubblico di non esperti i temi centrali della meccanica quantistica, le sue questioni aperte e le ricerche fondazionali più avanzate senza rinunciare al rigore scientifico e concettuale che ha sempre caratterizzato il suo lavoro e il suo pensiero.

In conclusione, ricordare la figura di Ghirardi significa ripercorrere una delle pagine più luminose, ricche e stimolanti della storia recente dei fondamenti della meccanica quantistica, nonché ripensare a uno dei contributi italiani più importanti a questa storia. L’eredità lasciataci da Ghirardi è essa stessa testimonianza della grandezza dei suoi risultati scientifici, dando il via a un nuovo ambito di ricerca sia teorica che sperimentale, e influenzando direttamente e indirettamente generazioni di studiosi. La sintesi tra il rigore formale e concettuale tipiche della sua opera, coniugata a un’inesauribile passione per la scienza, rende Ghirardi un intellettuale a tutto tondo, una figura e un modello a cui i fisici e filosofi del presente e del futuro dovranno ispirarsi.