Nino Dazzi (1937-2024)
Università di Roma Tor Vergata carmela.morabito@uniroma2.eu
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È trascorso quasi un anno dalla scomparsa di Nino Dazzi, lunghi mesi passati da me a ‘metabolizzare’ l’evento; lo so, si dice ‘elaborare il lutto’ e lui sorriderebbe del mio ‘rozzo’ materialismo. E sorriderebbe ironico e allusivo, tenendo in mano la pipa che aveva sempre con sé. Una pipa che era un oggetto dalle molte valenze; non un accessorio, ma un oggetto che nel tempo ha accompagnato il suo pensiero e la sua riflessione, quasi una metafora della sua costante ricerca dei meccanismi del comportamento. Non mi avventurerò certo nell’analisi degli aspetti dinamici del comportamento, che lui conosceva così bene ma non sono ‘nelle mie corde’, né ripercorrerò il suo complesso profilo biografico e la vastità dei suoi interessi, dei suoi incarichi e delle sue pubblicazioni. Solo sinteticamente è possibile in questa sede accennare a quanto la sua influenza sia stata decisiva, soprattutto nel promuovere il riconoscimento della dimensione storica della psicologia e nell’aprirla al dibattito internazionale.
Riassumendo il suo profilo scientifico e istituzionale, Nino Dazzi è stato una figura di spicco nell’accademia italiana e nella psicologia internazionale. Professore Emerito presso l’Università di Roma “La Sapienza”, ha ricoperto numerosi incarichi prestigiosi, tra cui Preside della Facoltà di Psicologia dal 1994 al 2003, Prorettore dal 2005 al 2008, e membro del Senato Accademico. La sua influenza nella psicologia dinamica e nella diffusione della teoria dell’attaccamento è stata profonda, non solo nell’ambito accademico ma anche in quello culturale. Ha rappresentato l’Italia presso la European Science Foundation e ha svolto un ruolo determinante nel Consiglio Direttivo del Centro Europeo dell’Educazione, di cui è stato vicepresidente. È stato un organizzatore instancabile di convegni scientifici, e tra i suoi numerosi contributi alla ricerca, ha esplorato temi quali la psicoanalisi, la nascita del sé, gli affetti nella teoria e nella pratica clinica. Il suo impegno editoriale è stato altrettanto ampio: è stato redattore per Scienze Umane e co-direttore dell’opera Storia della scienza dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. È stato membro del consiglio scientifico di riviste di prestigio internazionale, tra cui il Journal of the History of the Behavioral Sciences, e ha collaborato con numerose riviste italiane e internazionali.
Ma quello che soprattutto vorrei condividere di Dazzi è un ricordo più personale, tracciandone una sorta di ritratto privato. Una delle molte immagini che vivono in me come un intero, una Gestalt?
Ci ha uniti al primo incontro l’interesse per la filosofia e la storia della scienza, per la storia e l’epistemologia della psicologia e in generale delle scienze della mente. D’altronde comune era la radice dei nostri studi e del nostro metodo: la persona e l’attività scientifica di Vittorio Somenzi – suo e mio primo maestro - e la convinzione che solo studiando il percorso storico e la solidità epistemologica delle teorie e dei modelli scientifici si può ottenere una visione coerente, per quanto problematica e frammentaria, della direzione in cui si sviluppano incessantemente le nostre conoscenze sulla mente umana e sui complessi meccanismi del comportamento.
Sono una storica della scienza, e gli storici - come d’altronde i filosofi, e anch’io lo sono – generalmente lavorano da soli. Fanno ricerche, pensano e scrivono in maniera che a fronte dello stile di ricerca e di pubblicazione degli scienziati può sembrare un po’ solipsistica. Eppure, ripercorrendo dagli esordi lo sviluppo temporale della mia formazione come studiosa, proprio con Dazzi ho avuto il privilegio di collaborare a numerosi progetti, a partire dalla pubblicazione della mia tesi di dottorato, La cartografia del cervello, uno studio storico-epistemologico sulla localizzazione delle funzioni cerebrali tra fisiologia, psicologia e filosofia, sapientemente introdotto proprio da lui. In tutto lo svolgimento della mia carriera Dazzi è stato il mio costante punto di riferimento, il mio critico più acuto, il mio maestro di pensiero. Insieme abbiamo curato l’edizione italiana del volume di Ash, La psicologia della Gestalt nella cultura tedesca dal 1890 al 1967, affrontandolo con una prospettiva storico-epistemologica che rispecchiava il nostro approccio comune.
Ma il ‘cuore pulsante’ della nostra intesa era nella ricerca dei nessi cervello-mente, sistema nervoso-comportamento, individuo-ambiente; un interesse fra i tanti per lui ma centrale per me e per la definizione della direzione nella quale volevo orientare la mia formazione. Il suo modo di accogliere e al tempo stesso sfidare era inconfondibile. Ricordo ancora quando mi chiedeva di identificare una citazione, in un gioco intellettuale che rendeva il nostro dialogo ancora più stimolante. «Mi dica, Morabito [sempre, per lunghissimi decenni ci siamo dati del lei e solo negli ultimi anni un tu imbarazzato e incerto è entrato nella nostra interazione], chi può aver detto questa frase?» Lui si divertiva ma per me era anche incredibilmente impegnativo e quando mi riusciva di dare la risposta giusta allora diceva ridendo «lo sapevo». Questa sorta di ‘sfida’ è forse il miglior esempio di ciò che lui rappresentava per me: una palestra, un allenatore e un maestro al tempo stesso, anche rispetto alla gestione delle complesse relazioni accademiche.
Darwin e Spencer, Bain e James, gli studiosi italiani della mente nel contesto delle ricerche internazionali del loro tempo, sono stati i ‘mattoni’ su cui costruire le linee storiche e teoriche di un paradigma di ricerca che integrava già quasi trenta anni fa la neurofisiologia e l’antropologia, la neuropsicologia e la filosofia. Un orizzonte di ricerca che mi entusiasmava e ancora mi entusiasma, come entusiasmava anche lui. Ma soprattutto, insieme, abbiamo approfondito le radici di quello che oggi è uno dei temi centrali sia della riflessione filosofica che della ricerca scientifica: i meccanismi della mente e le loro «condizioni di possibilità» (naturalmente anche di Kant abbiamo a lungo parlato…). Abbiamo discusso e indagato sulla centralità della dimensione motoria per lo sviluppo cognitivo, in anni nei quali non le era ancora stato riconosciuto l’attuale statuto epistemologico nelle scienze della mente e del comportamento; Dazzi raccoglieva ogni spunto storico che gli proponevo, rilanciando sempre con nuove proposte («allora è su Lewes e le sue Basi fisiche della mente che dobbiamo lavorare…»).
Nino Dazzi lascia un’eredità intellettuale e accademica di straordinaria importanza, che continuerà a influenzare la ricerca e la pratica in psicologia per molti anni a venire. Mi piace riconoscere il privilegio di averlo conosciuto e aver potuto collaborare con lui. È stato, devo dire, molto bello e di tutto questo – e molto altro – mi sento di ringraziarlo con affetto. L’ho fatto forse troppo poco quando potevo, ma so bene che l’espressione delle emozioni non era esattamente il suo forte. Lui capiva e io mi sentivo compresa. Tacitamente ricambiava e ne sorridevamo.
Alcune pubblicazioni di Nino Dazzi
Negli ultimi la sua presenza attiva nella riflessione epistemologica sull’attaccamento e sulla psicoterapia ha prodotto numerose pubblicazioni fra le quali
- Affetti. Natura e sviluppo delle relazioni interpersonali, a cura di Massimo Ammaniti e Nino Dazzi. Roma-Bari, Laterza, 1990.
- Dazzi Nino - De Coro Alessandra, Psicologia Dinamica. Le teorie cliniche. Roma-Bari, Laterza, 2001.
- Dazzi Nino - Lingiardi Vittorio - Colli Antonello, La ricerca in psicoterapia: strumenti e modelli. Milano, Raffaello Cortina, 2006.
- Dazzi Nino - Lingiardi Vittorio - Gazzillo Francesco, La diagnosi in psicologia clinica: personalità e psicopatologia. Milano, Raffaello Cortina, 2009.
- Dazzi Nino - Speranza Anna Maria, Apporti della teoria dell’attaccamento allo studio del cambiamento. «Giornale Italiano di Psicologia», XLI, 4 (2015), p. 703-713.
- Manuale dell'attaccamento. Teoria, ricerca e applicazioni cliniche, a cura di Jude Cassidy e Philip R. Shaver, e Addendum alla II edizione italiana, edizione italiana a cura di Nino Dazzi e Francesco De Bei. Seconda edizione. Roma, Fioriti, 2018.
Per quanto riguarda la sua presenza attiva e propulsiva nell’ambito della storia della psicologia e delle scienze del comportamento le numerosissime pubblicazioni spaziano dal pensiero di William James allo sviluppo storico della psicologia come disciplina:
- William James. Antologia di scritti psicologici, a cura di Nino Dazzi. Bologna, Il Mulino, 1981.
- Storia antologica della psicologia, a cura di Nino Dazzi e Luciano Mecacci. Firenze, Giunti-Barbera, 1982.
- Presentazione all’edizione italiana del volume La psicologia della Gestalt nella cultura tedesca dal 1890 al 1967 di Mitchell G. Ash. Milano, Franco Angeli, 2004.
Spiccano inoltre sul piano storiografico alcune voci da lui curate per l’Encyclopedia of Psychology (‘Benussi’, ‘Buccola’, ‘de Santis’, ‘Gemelli’, ‘Lombroso’). Ha anche alimentato e orientato gli studi sulla storia delle neuroscienze cognitive con numerose pubblicazioni fra le quali Dazzi Nino - Morabito Carmela, Il movimento fra psicologia e neuroscienze: spunti per una ricostruzione storica del modello motorio della mente. «Teorie e Modelli», vol.1 (2009).