N.2 2023 - Scientia | Dicembre 2023

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Riflessioni sulla catalogazione in Italia. L’esempio degli strumenti antichi di astronomia

Giancarlo Truffa

Società italiana degli storici della fisica e dell’astronomia (SISFA), truffag@gmail.com

Abstract

Lo studio, la conservazione e la valorizzazione degli strumenti scientifici di interesse storico presentano ancora problemi non risolti a livello nazionale. Nonostante tali strumenti siano stati inclusi da tempo a livello legislativo nei beni culturali da tutelare e nonostante le schede catalografiche nazionali abbiano già avuto varie versioni, si trovano molte lacune ed errori consultando i cataloghi messi a disposizione in rete, carenze che mettono in difficoltà sia chi deve occuparsi della salvaguardia di questi beni sia il ricercatore che volesse studiarli. Dopo aver ricordato quali leggi e normative si occupano degli strumenti scientifici come beni culturali in Italia, si parlerà nello specifico di un progetto di catalogazione avviato sugli antichi strumenti di astronomia (in particolare astrolabi, quadranti, sfere armillari e globi celesti) e si concluderà con una rassegna delle iniziative intraprese dalla commissione strumenti della Società italiana degli storici della fisica e dell'astronomia.

English abstract

The study, conservation and enhancement of historical scientific instruments still present unresolved problems at a national level. Although these tools have been included for some time at the legislative level in the cultural heritage to be protected and although the national cataloging files have already had various versions, many gaps and errors can be found by consulting the catalogs made available on the net, shortcomings that put both those who have to deal with the safeguarding of these assets and the researcher who wants to study them in difficulty. After recalling which laws and regulations deal with scientific instruments as cultural heritage in Italy, we will specifically talk about a cataloging project launched on ancient astronomy instruments (in particular astrolabes, dials, armillary spheres and celestial globes) and will conclude with a review of the initiatives undertaken by the commission on the instrumentation of the Italian Society of History of Physics and Astronomy.

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Lo studio, la conservazione e la valorizzazione degli strumenti scientifici appaiono ancora oggi problemi non risolti a livello nazionale, mentre, per fortuna, sono molti gli esempi locali che dimostrano come si possano ottenere ottimi risultati mettendo insieme diverse competenze, responsabilità e buona volontà.

I punti principali per attuare un piano nazionale relativo anche ai beni storico-scientifici sono chiaramente definiti in molti documenti del Ministero della cultura e delle soprintendenze competenti per territorio, come quella della Città metropolitana di Milano, nel cui sito web si legge:

L’attività di catalogazione del patrimonio storico artistico è da considerarsi fondamentale per la generale attività di tutela, sia sotto il profilo della conoscenza delle opere e della programmazione degli interventi finalizzati alla conservazione delle stesse, sia perché le conoscenze sistematicamente organizzate offrono un valido supporto all’azione preventiva ed efficace contro le azioni criminose che colpiscono le testimonianze artistiche e culturali del nostro paese.

Subito dopo si ribadisce:

Indispensabile ai fini della gestione, valorizzazione e della tutela dei beni culturali, l’atto scientifico della catalogazione è da intendersi come raccolta organizzata del maggior numero di informazioni su un’opera d’arte, che consente un sistematico rilevamento dei beni di notevole interesse storico-artistico del territorio nazionale, sia di proprietà del demanio o di enti, che di proprietà privata, una volta riconosciuti di interesse culturale.

Benissimo. Le intenzioni sono ottime, ma cosa si intende per «beni di notevole interesse storico-artistico»? Come indica più oltre lo stesso documento, sono i «beni architettonici, archeologici, storico artistici, demo-etno-antropologici e ambientali».

Ma uno strumento scientifico è considerato un bene culturale? Solo nel 2004, quando venne varato il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d. lgs. n. 42/2004), noto anche come Codice Urbani, fu rivista la definizione dei beni che erano sottoposti a tutela. Nella parte seconda, sotto il titolo I «Tutela», capo I «Oggetto della tutela», articoli 10 «Beni culturali» e 11 «Beni oggetto di specifiche disposizioni di tutela», vengono elencate le tipologie di bene da tutelare. In particolare il punto h dell’articolo 11 include «i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni», e soprattutto l’articolo 65, «Uscita definitiva», chiarisce che «è soggetta ad autorizzazione, secondo le modalità stabilite nella presente sezione e nella sezione II di questo Capo, l'uscita definitiva dal territorio della Repubblica: […] c) dei beni rientranti nelle categorie di cui all'articolo 11, comma 1, lettere f), g) ed h), a chiunque appartengano».

Finalmente anche i beni e gli strumenti scientifici sono stati introdotti ‘ufficialmente’ tra i beni da tutelare e vincolare.

A questo punto chi dovrebbe occuparsi della catalogazione di tali beni? Sempre il documento citato sopra chiarisce:

Per svolgere le campagne di catalogazione del patrimonio culturale sul territorio di propria competenza la Soprintendenza opera in collaborazione con l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD) che è un organo tecnico-scientifico del Ministero per i beni e le attività culturali cui sono attribuite funzioni di indirizzo e coordinamento di tale attività a livello centrale, nonché compiti di ordinamento e gestione del catalogo nazionale.

Il Catalogo generale del patrimonio culturale, o Catalogo nazionale, raccoglie i risultati delle attività di catalogazione e

risponde alle finalità di tutela e di valorizzazione dei beni culturali attraverso la conoscenza dei beni nel loro contesto. I dati oggi presenti nel Catalogo generale del patrimonio culturale sono in gran parte forniti dal SIGECweb - Sistema informativo generale del catalogo, realizzato con l’obiettivo di unificare e ottimizzare i processi connessi alla catalogazione del patrimonio culturale, assicurando la qualità dei dati prodotti e la loro rispondenza agli standard nazionali.

Per ogni settore disciplinare e tipologia di beni sono stati definiti dall’ICCD degli standard catalografici che hanno subito aggiornamenti e modifiche nel corso del tempo.

Per il caso specifico degli strumenti scientifici di interesse storico si è iniziato a lavorare su una scheda catalografica a partire dagli anni Ottanta, soprattutto a opera di Mara Miniati e Paolo Brenni dell’Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze (IMSS), l’attuale Museo Galileo. La prima scheda cartacea fu sottoposta a ulteriori modifiche negli anni Novanta, producendo la scheda SIC (Scientific Instruments Catalogue), risultato del lavoro di un gruppo sempre facente capo all’IMSS [Berni et al., 1993].

Un altro gruppo di studiosi, negli stessi anni Novanta, si occupò in particolare della catalogazione del patrimonio storico di interesse astronomico, sia conservato presso gli Osservatori astronomici italiani che presso i musei, producendo un importante documento sui criteri di classificazione, criteri che vennero poi acquisiti nelle successive revisioni delle schede di catalogo [Bonoli - Calisi - Ranfagni, 1997].

Nel 2000 fu finalmente completata la prima fase di collaborazione tra gli studiosi impegnati nelle singole realtà museali e l’ICCD, arrivando alla pubblicazione del documento Strutturazione dei dati delle schede di catalogo, precatalogo e inventariazione. Beni storico-scientifici. Scheda STS, a cura di Marco Berni (IMSS), Antonio Di Lorenzo (ENEA), Mara Miniati (IMSS) e con il contributo di Stefania Panella (ICCD). In questo documento venivano descritti tutti i campi e i criteri di compilazione della scheda STS, cioè della scheda da utilizzare per la catalogazione dei beni storico-scientifici.

La struttura della scheda è comunque soggetta ad aggiornamenti e revisioni che rispondono alle diverse esigenze che via via si presentano. Attualmente la scheda ICCD di riferimento ha cambiato nome e si chiama scheda PST (Patrimonio scientifico e tecnologico) e la normativa che fornisce tutti i dettagli per il suo utilizzo è arrivata alla versione 4.0 nel maggio 2018.

Occupandomi di strumenti antichi di astronomia (cioè astrolabi, quadranti, sfere armillari, globi celesti e terrestri, orologi solari e telescopi), ho voluto verificare quali di questi strumenti siano presenti nel Catalogo nazionale dei beni culturali.

Cercando la voce ‘astrolabio’ o ‘astrolabi’ risultano circa settanta strumenti, quasi esclusivamente conservati al Museo Nazionale della Certosa di San Martino di Napoli (sezione navale), al Museo della Specola dell’Università di Bologna, ai Musei civici del Castello Sforzesco di Milano ed uno conservato presso la Società geografica italiana. Gli altri risultati della ricerca rimandano a dipinti o disegni in cui compare uno strumento che, in troppi casi, è chiamato ‘astrolabio’ anche se si tratta di una sfera armillare. Triste dimostrazione che le conoscenze dei catalogatori non sono sufficienti per riconoscere correttamente un oggetto scientifico.

Stessa situazione, in termini di poche voci presenti nel catalogo ed errori nella catalogazione, si riscontra cercando ‘sfera armillare’ e ‘globo’.

Esistono poi cataloghi regionali dei beni culturali, ad esempio quelli della Lombardia, dell’Emilia-Romagna e del Veneto, in cui il risultato delle ricerche è quasi più sorprendente: molti strumenti trovati nel catalogo nazionale non risultano nel catalogo regionale. Viene dunque spontaneo chiedersi quali sinergie stiano mettendo in campo gli enti pubblici per riuscire a fornire uno strumento completo e coerente che garantisca «la gestione, valorizzazione e tutela dei beni culturali», come citato nel primo brano riportato.

Sicuramente nel campo specifico della storia della scienza, la necessità e l’importanza della catalogazione è stata evidenziata da molto tempo, già a partire dalla fine dell’Ottocento. Alberico da Schio (1836-1930), in un lavoro dedicato alla presentazione di due astrolabi islamici scoperti per caso presso una famiglia nobile del Vicentino[Da Schio, 1880], inserì in appendice un elenco di astrolabi arabi e latini esistenti in Italia e all’estero. Rimane poi ancora importantissimo il lavoro di Matteo Fiorini (1827-1901)[Fiorini, 1899], dove si trovano le informazioni relative a più di un centinaio di globi terrestri, celesti e sfere armillari.

Il primo momento determinante per la creazione di un ‘catalogo’ della scienza italiana è stata la Prima Esposizione Nazionale di Storia della Scienza, organizzata a Firenze nel 1929 grazie all’impegno e alla tenacia di Andrea Corsini (1875-1961), Piero Ginori Conti (1865-1939), Antonio Garbasso (1871-1933) e Giorgio Abetti (1882-1982). In fase di preparazione vennero contattati moltissimi musei, enti pubblici e privati per raccogliere informazioni sugli strumenti esistenti e ottenerli in prestito per l’esposizione. Da questo evento importantissimo nacque poi l’Istituto e Museo di storia della scienza a Firenze, oggi Museo Galileo.

Negli anni Cinquanta del Novecento venne delineato un ambizioso progetto internazionale di catalogazione degli strumenti scientifici, supportato dalla Union internationale d’histoire et philosophie des sciences, affidato poi a istituzioni di ogni paese partecipante. Per l’Italia, dopo alcuni anni di lavoro, fu pubblicato nel 1961 l’Inventaire des instruments conservés en Italie, in quattro volumi, e subito dopo, nel 1963, esteso a cinque volumi [Inventaire, 1961-1963].

Considerando solo il caso degli astrolabi e degli strumenti affini, come i quadranti astrolabici o di altezza, si era già iniziato negli anni Trenta l’inventario internazionale degli strumenti esistenti. Robert Gunther (1869-1940), il fondatore del Museum of the History of Science, oggi History of Science Museum, di Oxford, pubblicò nel 1932 The astrolabes of the World [Gunther, 1932], in due volumi, che raccoglieva le informazioni e le illustrazioni di circa 300 strumenti, di cui solo 8 presenti in collezioni italiane.

Agli inizi degli anni Cinquanta, lo storico della scienza e consulente della Smithsonian Institution di Washington, Derek Price (1922-1983), riprese il lavoro di Gunther e portò l’elenco (purtroppo non corredato da illustrazioni) a oltre 1000 strumenti, di cui 48 italiani [Price, 1955]. Da notare che il successivo Inventaire des instruments ne elencava solo 41. Sempre Price, con le sue collaboratrici Sharon Gibbs e Janice Henderson, pubblicò nel 1973 un nuovo elenco, solo dattiloscritto ma già computerizzato, che incrementava le voci dal n. 2000 al 3924, aggiungendo altri 28 strumenti per l’Italia [Gibbs - Henderson - Price, 1973].

L’ultimo tentativo di catalogazione internazionale di strumenti astronomici antichi fu quello intrapreso a partire dal 1992 da David A. King, professore all’Università di Francoforte, che grazie al progetto A Catalogue of Medieval Astronomical Instruments to ca. 1500, finanziato dalla Deutsche Forschungsgemeinschaft, iniziò la catalogazione sistematica di tutti gli strumenti arabi e latini medievali, con la collaborazione dei suoi allievi all’Institute for the History of Science della Johann Wolfgang Goethe University. Purtroppo anche questo progetto si rivelò estremamente complicato e non fu mai completato. Furono però raggiunti importantissimi risultati pubblicati nel 2005 [King, 2005] e moltissimo altro materiale è stato messo a disposizione liberamente sul sito web del professor King.

Partendo da queste basi, qualche anno fa ho deciso di iniziare il censimento degli strumenti astronomici antichi esistenti in Italia o che possano essere attribuiti a costruttori italiani. Per questo ho utilizzato, oltre alle pubblicazioni citate, articoli di riviste storico-scientifiche, cataloghi di singoli musei e di mostre, informazioni reperibili su internet.

Rispetto agli strumenti elencati nelle precedenti pubblicazioni, ho finora individuato 82 astrolabi databili tra l’XI secolo (come nel caso dell’astrolabio bizantino dei Musei civici di Brescia e di un astrolabio arabo realizzato a Valencia, in Spagna, nel 1071, conservato al Museo astronomico e copernicano dell’Osservatorio di Roma Monte Mario) e il XVII secolo. Le più importanti collezioni pubbliche si trovano al Museo Galileo di Firenze, al Museo astronomico e copernicano di Roma (che purtroppo subì un furto molto rilevante di strumenti nel 1983, compresi 8 astrolabi mai recuperati), al Museo della Certosa di S. Martino a Napoli (sono astrolabi e parti di strumenti che si trovavano a Palermo prima della seconda guerra mondiale e furono trasferiti a Napoli in data non precisata) e alla Pinacoteca e Biblioteca Ambrosiana di Milano [Truffa, 2022].

Per quanto riguarda invece sfere armillari e strumenti affini, come teoriche dei moti planetari o modelli del sistema tolemaico e del sistema copernicano, ne ho individuati circa 70 [Truffa, 2021] [Truffa, 2018] [Truffa, 2023] in collezioni italiane e straniere, in particolare presso il Museo Galileo di Firenze, il National Maritime Museum di Greenwich a Londra, l’History of Science Museum di Oxford e il Museum of the Adler Planetarium di Chicago.

Tra le molte altre istituzioni che posseggono qualche strumento astronomico antico, ci sono musei civici, pinacoteche, gallerie d’arte, musei archeologici, ma anche musei universitari, musei che raccolgono le collezioni storiche degli osservatori astronomici, biblioteche statali e comunali, scuole superiori e istituzioni religiose. Si tratta di istituzioni in cui lo strumento scientifico appare quasi un intruso e in molti casi è assolutamente sconosciuto, perché non rientra nelle conoscenze specifiche del personale addetto alla conservazione e allo studio di queste collezioni.

Ho già visitato molte istituzioni italiane e ho potuto studiare i loro strumenti, cercando di far conoscere e spiegare l’importanza di questi oggetti e trovando sempre un positivo riscontro di curiosità e di interesse da parte del personale preposto. Curiosità e interesse che, però, non trovano altrettanto riscontro in un progetto nazionale che possa garantire «la gestione, valorizzazione e tutela» di questi «beni culturali».

Un discorso analogo agli strumenti astronomici antichi andrebbe fatto per le moltissime collezioni di strumenti scientifici possedute in Italia dalle scuole, dai collegi e dai seminari. Si tratta di strumenti utilizzati principalmente per la didattica, ma anche per la sperimentazione, tra i quali si trovano apparecchiature che risalgono al Settecento.

La Società italiana degli storici della fisica e dell’astronomia (SISFA) ha sempre prestato una grande attenzione allo studio degli strumenti scientifici e alla valorizzazione delle collezioni che li conservano. Infatti esiste da tempo nell’organizzazione della SISFA la Commissione strumenti, di cui attualmente faccio parte insieme a Roberto Mantovani dell’Università di Urbino Carlo Bo e a Lucia De Frenza dell’Università di Bari.

Il primo compito che ci siamo dati è la raccolta di informazioni su tutte le collezioni scientifiche di musei, università, istituti scolastici e religiosi, biblioteche, società scientifiche e, attraverso il sito web della Società, rendere il più possibile visibile il lavoro che si sta effettuando nelle diverse realtà locali, in molti casi ancora sconosciuto. Siamo partiti da un precedente censimento preparato da Roberto Mantovani, che stiamo aggiornando verificando la situazione degli enti già individuati e aggiungendone di nuovi. Purtroppo è una ricerca che sta proseguendo lentamente, ma speriamo di pubblicarne una prima versione entro la fine del 2023.

Alla fine del 2022, con il patrocinio della Società italiana di storia della scienza (SISS), la Commissione strumenti della SISFA, insieme a Giorgio Strano, curatore delle collezioni del Museo Galileo, ha organizzato presso lo stesso Museo il workshop “La scienza degli strumenti: riflessioni e studi. Giornata in onore di Paolo Brenni a un anno dalla scomparsa” (Firenze, 14 dicembre 2022). Durante il workshop sono state presentate quindici relazioni, alcune delle quali sulla figura e il ruolo di Paolo Brenni, grande esperto, riconosciuto a livello internazionale, di strumenti scientifici dal primo Settecento alla metà del Novecento, infaticabile organizzatore di studi, restauri e allestimenti di raccolte presso diverse istituzioni italiane, sia pubbliche che private, prematuramente scomparso il 3 dicembre 2021. Altre relazioni sono state dedicate ai diversi aspetti dello studio degli strumenti scientifici e dei loro costruttori, nonché ai problemi che spesso affliggono le raccolte museali.

Attualmente la Commissione strumenti della SISFA sta preparando la pubblicazione di un numero monografico dei Quaderni di storia della fisica, editi dalla Società italiana di fisica, dedicato allo studio degli strumenti scientifici, in cui saranno raccolti diversi interventi relativi sia ai problemi della conservazione e del restauro, alla catalogazione, allo studio e alla valorizzazione di collezioni specifiche, sia ai costruttori e ai loro strumenti.

Da ultimo voglio brevemente ricordare le molte e importanti collezioni private esistenti in Italia che, purtroppo, sappiamo per la maggior parte non essere catalogate e, soprattutto, non essere notificate alle soprintendenze, rendendo così possibile l’esportazione e la vendita all’estero degli strumenti senza alcun controllo.

Concludendo, spero con questo intervento di aver contribuito a sollecitare una collaborazione sempre più fattiva tra i vari soggetti conservatori (siano essi pubblici o privati, nazionali o locali) e gli storici della scienza, affinché si riesca a realizzare un catalogo generale dei beni di interesse scientifico in Italia, che ne permetta finalmente la conoscenza, la conservazione, la valorizzazione e la tutela, come indicato dalla normativa ministeriale.

Appendice

In appendice riporto una tavola riassuntiva dello stato del censimento degli strumenti astronomici antichi che ho intrapreso. Sono indicati la città e l’ente dove sono conservati astrolabi, sfere armillari e modelli planetari (armille ecc.), e globi terrestri e celesti. Le informazioni sono state raccolte sia attraverso le pubblicazioni che ho indicato nel testo sia verificando personalmente l’esistenza dello strumento presso l’ente indicato.

Tav. 1 - Strumenti astronomici antichi individuati in Italia (aggiornamento a marzo 2023)

Città

Ente conservatore

Astrolabi

Armille ecc.

Globi

ante 1650

Alatri

Liceo Ginnasio Conti Gentili

1

Bologna

Biblioteca dell’Istituto Rizzoli

1

Museo civico medievale

1

Università. Museo della Specola

2

2

Brescia

Musei civici di arte e storia

2

Castel Gandolfo

Specola vaticana

2

Catania

Castello Ursino

1

Cremona

Biblioteca civica e statale

2

Liceo Manin

1

Faenza

Museo Torricelliano

2

Fano

Biblioteca Federiciana

1

Firenze

Fondazione scienza e tecnica

1

Museo Galileo

23

16

5

Museo nazionale del Bargello

1

Genova

Museo Galata

1

Società ligure di storia patria

2

Milano

Castello Sforzesco. Civiche raccolte d’arti applicate

3

Pinacoteca Ambrosiana

7

3

Museo Bagatti Valsecchi

2

Museo Poldi Pezzoli

1

1

Modena

Musei civici

2

3

Napoli

Museo di Capodimonte

2

1

Museo della Certosa e Museo nazionale di San Martino, sezione navale

6

Padova

Museo civico di arti applicate, Palazzo Zuckerman

1

Università. Museo di storia della fisica

1

1

Palermo

Biblioteca comunale

2

Pavia

Museo per la Storia dell’Università

2

Perugia

Università. Dipartimento di fisica

1

Museo archeologico nazionale

2

Prato

Biblioteca Roncioniana

2

Ravenna

Liceo classico “Dante Alighieri”

1

Reggio Emilia

Liceo Ariosto-Spallanzani

1

Rimini

Biblioteca comunale “Gambalunga”

1

Roma

Biblioteca Casanatense

1

2

Biblioteca Lancisiana

2

2

Biblioteca nazionale centrale

1

1

Biblioteca Vallicelliana

2

Museo astronomico e copernicano

8

2

3

Musei vaticani

5

1

Siena

Biblioteca comunale

1

Torino

Musei civici Palazzo Madama

1

Musei reali Palazzo Reale

1

Urbania

Biblioteca municipale

2

Venezia

Museo Correr

1

1

Museo storico navale

1

Vicenza

Musei civici

4

Totale

82

46

27