N.2 2023 - Scientia | Dicembre 2023

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Le ‘battaglie’ di Federigo Enriques in difesa della 'humanitas' scientifica e le ricadute sull’insegnamento della matematica

Livia Giacardi

Dipartimento di Matematica – Università di Torino livia.giacardi@unito.it

Abstract

Scopo di questo saggio è ricostruire la genesi e l’evoluzione del progetto di Federigo Enriques di realizzare una humanitas scientifica, e individuare i suoi riflessi sull’insegnamento della matematica e sulla formazione degli insegnanti. Nella prima parte si intende dunque mostrare come il suo ambizioso programma si sia sviluppato gradualmente durante gli anni di insegnamento a Bologna e come affondi le sue radici negli studi di filosofia, storia della scienza e fondamenti della matematica da lui coltivati in quegli anni. Si evidenzierà inoltre l’influenza della visione epistemologica e didattica di Felix Klein. Nella seconda parte si illustreranno alcune delle varie iniziative promosse da Enriques a vari livelli per la formazione degli insegnanti di matematica, focalizzando l’attenzione sul ruolo crescente della storia della scienza e sull’apertura ad un dialogo internazionale in opposizione ad ogni forma di isolamento nazionalistico tipico dell’epoca fascista.

English abstract

This essay aims to reconstruct the genesis and evolution of Federigo Enriques' cultural project for the realisation of a scientific humanitas, and to identify its effects on the teaching of mathematics and the training of teachers. The first part of the essay will show how Enriques' ambitious programme developed gradually during his years of teaching in Bologna, and how it is rooted in the studies of philosophy, history of science and the foundations of mathematics he cultivated in those years. The influence of Felix Klein's epistemological and didactic vision will also be highlighted. The second part will illustrate some of the various initiatives promoted by Enriques at various levels for the training of mathematics teachers, focusing on the growing role of the history of science and the openness to an international dialogue in opposition to any form of nationalistic isolation typical of the fascist era.

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Queste idee sono state sostenute da noi,

anche con battaglie, nel campo sociale

delle istituzioni scientifiche e dell'ordinamento degli studi;

e non abbiamo perduto la speranza che esse sieno

per lasciare qualche seme fruttifero. [Enriques, 1922, p. 287]

La complessa e multiforme opera di Federigo Enriques (1871-1946) è stata già ampiamente studiata da più punti di vista, ma crediamo che un approccio che miri a rintracciare la genesi del suo pensiero possa portare ad una visione più chiara dell’origine e dell’evoluzione del suo progetto di affermazione della humanitas scientifica e dei suoi riflessi sull’insegnamento della matematica e sulla formazione degli insegnanti.

Nella prima parte di questo saggio mostreremo come l’ambizioso programma di Enriques si sia sviluppato gradualmente durante gli anni di insegnamento a Bologna e come affondi le sue radici, oltre che nella pratica della ricerca scientifica, negli studi di filosofia, storia della scienza e fondamenti della matematica da lui coltivati in quegli anni, e metteremo in evidenza l’influenza della visione epistemologica e didattica di Felix Klein. Nella seconda parte ci concentreremo sulle alcune delle varie iniziative da lui promosse per la formazione degli insegnanti «anche con battaglie, nel campo sociale delle istituzioni scientifiche e dell'ordinamento degli studi», focalizzando l’attenzione sul ruolo crescente della storia della scienza e sull’apertura ad un dialogo internazionale in opposizione ad ogni forma di isolamento nazionalistico durante l’epoca fascista.

L’emergere del progetto culturale di Enriques e i suoi riflessi sull’educazione matematica

L’insegnamento della geometria proiettiva a Bologna

Le prime riflessioni su tematiche di carattere fondazionale si possono far risalire ai soggiorni torinesi: il primo nel novembre del 1892 e il secondo dal novembre del 1893 al gennaio 1894. I mesi qui trascorsi a contatto con Corrado Segre (1863-1924) furono molto intensi per l’attività scientifica del giovane e stimolarono le sue prime ricerche sui fondamenti della geometria. Ricordiamo che Segre aveva fatto tradurre da Mario Pieri (1889) la Geometrie der Lage di K. G. Staudt e da Gino Fano (1890) il Programma di Erlangen di Klein e aveva spinto Fano e Federico Amodeo allo studio dei fondamenti della geometria proiettiva. Dello stesso si occupò Enriques, ma a differenza di questi due matematici, che lasciavano a margine gli aspetti fisici e filosofici del problema, egli era attratto proprio da questi e lo afferma esplicitamente nell’articolo del 1894:

L’indirizzo da essi [Fano e Amodeo] seguito è alquanto diverso da quello a cui noi intendiamo attenerci, specialmente per ciò che, mentre i due egregi autori si propongono di stabilire un qualunque sistema di ipotesi capace di definire uno spazio lineare al quale siano applicabili i risultati dell’ordinaria geometria, noi cerchiamo qui di stabilire i postulati desunti dall’intuizione sperimentale dello spazio che si presentano più semplici per definire l’oggetto della geometria proiettiva [Enriques, 1894, p. 551].

E aggiunge in nota: «Ci sembra che l’origine sperimentale della geometria non debba essere dimenticata nella ricerca delle ipotesi su cui essa è fondata» [Enriques, 1894, p. 551].

Fu però soprattutto l’insegnamento della geometria proiettiva presso l’Università di Bologna, di cui ottenne l’incarico il 16 gennaio 1894, a stimolare Enriques ad approfondire le questioni fondazionali e le loro connessioni con i problemi di carattere metodologico e didattico. Un mese dopo l’inizio del corso egli comunicava all’amico Guido Castelnuovo (1865-1952) le difficoltà di contemperare nelle sue lezioni le esigenze del rigore con quelle dell’intuizione:

se io ho peccato o peccherò di troppa elevatezza del corso, ciò dipende da che non ho ancora un’idea adeguata delle difficoltà che incontrano i giovani. Io me ne accorgo soltanto nella lezione, spiegando, quando ormai è fissato l’ordine delle cose da svolgere e sono scritti gli appunti; ma credo di compensare le difficoltà di alcuni punti con una vibrata insistenza, poiché su quelli appunto mi avviene di animarmi di più nell’esposizione.

Una prima traccia del percorso di Enriques verso gli studi sull’origine psicologica e fisiologica dei postulati della geometria si trova nelle lezioni di geometria superiore che egli tenne su invito di alcuni studenti nell’anno 1894-95 e che confluirono nella litografia Conferenze di geometria tenute nella R. Università di Bologna. Fondamenti di una geometria iperspaziale, (1894-1895). La trattazione è preceduta da un’introduzione di cui vogliamo sottolineare quattro aspetti, poi approfonditi e chiariti nelle opere successive. Innanzitutto Enriques afferma la rilevanza della storia della matematica e presenta una riflessione sull’importanza dello studio dei fondamenti il cui valore scaturisce dal fatto che «nella Matematica ogni passo avanti ha richiamato l’attenzione all’analisi dei fondamenti, e viceversa da una tale analisi sono scaturiti spesso concetti nuovi ed importanti che hanno permesso di estendere i resultati noti ad un campo più generale» [Enriques, 1894-1895, p. 1]. In secondo luogo sottolinea il valore del confronto fra la matematica e le altre scienze perché, essendo convinto che la scienza sia «un tutto organico» [Enriques, 1894-1895, p. 2], solo da esso può scaturire il corretto significato dell’importanza scientifica di una ricerca matematica. Infine egli affronta il problema di che cosa sia la geometria per arrivare a illustrare, al termine dell’introduzione, che cosa si intenda per geometria astratta, riprendendo così le linee direttive che Segre aveva dato alle ricerche geometriche, e aggiunge che:

L’importanza che attribuiamo alla Geometria astratta non è (come si potrebbe credere) da contrapporsi all’importanza attribuita all’intuizione: essa sta invece nel fatto che la Geometria astratta si può interpretare in infiniti modi come una Geometria concreta (intuitiva) fissando la natura dei suoi elementi: sicché in tal modo la Geometria può trarre aiuto nel suo sviluppo da infinite forme diverse d’intuizione [Enriques, 1894-1895, p. 9-10].

Enriques inoltre, come già sottolineava Castelnuovo, afferma che nell’analisi della genesi dei postulati della geometria conviene tener conto del criterio psicologico, che porta ad indagare le sensazioni e le esperienze che conducono a formulare quei postulati. Questo tipo di indagini lo indurrà a studiare la psicologia fisiologica tedesca nel 1896 e confluirà in una presentazione sistematica nell’opera Problemi della scienza del 1906.

La corrispondenza con Castelnuovo consente di ricostruire il suo percorso di ricerca. Nel gennaio del 1896 egli iniziava studi di biologia, nel febbraio intraprendeva lo studio della fisiologia cellulare, nel maggio dello stesso anno si documentava sui lavori di psicologia e di fisiologia di H. Helmholtz, E. Hering, E. Mach e soprattutto dello psicologo e fisiologo tedesco W. Wundt, cercando di coinvolgere inutilmente l’amico della discussione:

Mentre le questioni matematiche sonnecchiano fino al miglior tempo, io mi sto occupando da più giorni di un’alta questione che dalla matematica prende solo il pretesto [...] Si tratta del «problema filosofico dello spazio». Libri di psicologia e di logica, di fisiologia e di psicologia comparata, di critica della conoscenza ecc. passano sul mio tavolino dove li assaporo con voluttà tentando di estrarne il succo per ciò che concerne il mio problema. [...] Giacché vi è nel mio programma la questione della genesi dei concetti di spazio sopra i dati della psicologia fisiologica (specie dell'occhio e del tatto) di Helm[h]oltz, di Wundt ecc.

E quattro giorni dopo osserva:

Io traggo gli elementi di fisiologia delle sensazioni dal Wundt che riproduce e corregge le esperienze dei predecessori e specialmente di Helm[h]oltz. In molti punti le sue idee collimano con le mie, ma non mi sembra p[er] e[sempio] accettabile la sua osservazione che «l’idea di retta viene dal tatto e dalla sensazione di movimento muscolare perché le condizioni meccaniche dell’organismo favoriscono il moto rettilineo dei muscoli». […] Invece la nozione di retta proviene direttamente dall’occhio, come ogni altra nozione grafica di forma. Similmente è strano che il W[undt] ammetta che la nozione di «distanza» proviene (anche) dall’occhio mentre le esperienze che cita provano il contrario, e cioè che «l’occhio non sa mai apprezzare l’uguaglianza di due distanze se non sono ugualmente poste».

Il tema della psicogenesi delle proprietà geometriche è anche accennato nell’introduzione alle Lezioni di Geometria proiettiva che escono nel 1898 e sono il frutto dell’esperienza di quattro anni di lezioni universitarie. In esse, accanto al problema della presentazione scientifica della materia, Enriques si pone quello della presentazione didattica, come scrive egli stesso nella prefazione:

risoluto il problema sotto l'aspetto scientifico, occorreva ancora elaborare la forma della trattazione e svolgerla più compiutamente nei suoi dettagli, in guisa da renderla accettabile nella scuola. A questo scopo didattico mi sembra si sieno venute avvicinando, durante i tre anni scorsi, le lezioni che ora pubblico per le stampe. Nelle quali ho cercato di contemperare le esigenze dello spirito logico coi vantaggi e colle attrattive che l'intuizione conferisce agli studi geometrici [...] osservazioni di carattere intuitivo [...] compariscono tuttavia a lumeggiare alcuni concetti o ragionamenti più astrusi, ed in taluni punti possono anzi sostituire con vantaggio didattico il procedimento rigoroso della dimostrazione [Enriques, 1898, p. V-VI].

Fra gli strumenti didattici di cui Enriques si avvale compare anche la storia delle matematiche: egli inserisce un’ampia appendice storica [Enriques, 1898, p. 358-371] al fondo del volume allo scopo di far conoscere ai suoi allievi la genesi dei concetti fondamentali della geometria proiettiva e di mostrare come «i vari rami della Matematica pura ed applicata si annodano e si collegano fra loro per vie inaspettate; e le idee, che traggono origine da elementari problemi della pratica, sembra debbano maturarsi per lunga elaborazione di pensiero, nelle regioni più alte della teoria, prima che possano discendere feconde nel campo di attività della vita» [Enriques, 1898, p. 371].

Le lettere a Castelnuovo di questi anni, le dispense delle lezioni, i registri mostrano che le ricerche di Enriques presentano una stretta commistione fra studio dei fondamenti, storia delle matematiche e esigenze didattiche. L’attenzione all’insegnamento e all’apprendimento della matematica si rileva soprattutto nei seguenti aspetti:

il rifiuto degli artifici nelle dimostrazioni: «È per me artificiosa – scrive a Castelnuovo – ogni dimostrazione che capita una volta non si ricorda senz’altro. […] Siffatte dimostrazioni non illuminano, e gli studenti le preferiscono appunto perché non vi è in esse nulla di sostanziale da capire: quindi io le ritengo inutili didatticamente: tanto varrebbe dare agli studenti il solo enunciato»;

l'importanza del ricorso all’intuizione;

le connessioni fra matematiche elementari e matematiche superiori;

l’uso della storia delle matematiche per far comprendere la genesi dei concetti presentati;

la visione unitaria della scienza e della cultura.

Emblematico è il corso libero di Filosofia delle Scienze che Enriques tenne nel 1902-1903 nel cui programma si intrecciano aspetti scientifici, filosofici e didattici. La corrispondenza con Giovanni Vailati ci informa che sebbene il programma proposto per il corso non fosse stato inizialmente approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione, Enriques non si diede per vinto e chiese al Ministro di deliberare in merito alla possibilità di inserire un corso di filosofia della scienza fra i corsi liberi della Facoltà di scienze dell’Università di Bologna. La risposta fu positiva a patto che non fosse dato troppo spazio alla filosofia. Lo scambio epistolare ci mostra anche che i temi affrontati nel corso furono oggetto di sei conferenze tenute da Enriques nel marzo 1902 alla Univérsité Nouvelle di Bruxelles. Significativo dell’ampiezza del progetto culturale che egli andava delineando e dell’attenzione a audience diverse è inoltre il fatto che egli abbia chiesto al rettore e abbia ottenuto che il suo corso di Filosofia scientifica, come lo definiva, fosse aperto anche agli studenti delle Facoltà di Filosofia e Lettere, di Giurisprudenza e di Medicina e Chirurgia.

L’influenza di Klein

Nell’evoluzione del progetto culturale di Enriques e della sua visione dell’educazione matematica, accanto all’esperienza di insegnamento di cui abbiamo detto, è rilevante anche l’influenza di Klein al quale egli fa spesso riferimento, riservandogli non a caso, come vedremo, un posto particolare nella sezione dedicata all’insegnamento della voce Matematica che scriverà nel 1934 per la Enciclopedia Italiana.. È pertanto importante accennare brevemente ad alcuni aspetti della visione di Klein che vengono ripresi e reinterpretati da Enriques.

In primo luogo per Klein la ricerca teorica deve essere strettamente collegata alla ricerca sperimentale:

From the point of view of pure mathematical science, I should lay particular stress on the heuristic value of the applied sciences as an aid to discovering new truths in mathematics. […] Such separation [between abstract mathematical science and its scientific and technical applications] could only be deplored; for it would necessarily be followed by shallowness on the side of the applied sciences, and by isolation on the part of pure mathematics [Klein, 1894, p. 46 e 50].

Fra le scienze sperimentali egli colloca anche la geometria considerando i principi su cui si fonda nient’altro che espressioni idealizzate dei dati approssimati forniti dall’esperienza. Inoltre rifiuta il punto di vista assiomatico nella convinzione che il progresso della scienza nasca dall’uso combinato di intuizione e logica:

Io paragono la scienza matematica ad un albero, che sprofonda le sue radici ognora più nel terreno, mentre erge liberamente sempre più in alto i suoi rami ombrosi. Dobbiamo noi considerare come parti essenziali di esso i rami o le radici? C’insegnano i botanici che la domanda è male posta: che la vita dell’organismo sta piuttosto nel ricambio organico fra le sue varie parti [Klein, 1896, p. 117].

Per quanto riguarda l’intuizione Klein distingue fra naïve intuition and refined intuition e mette in evidenza il fatto che l’intuizione ingenua è importante nella fase di scoperta di una teoria (cita a titolo di esempio la genesi del calcolo differenziale e integrale) e nel momento in cui si stabiliscono i suoi fondamenti, mentre quella raffinata (presente per esempio negli Elementi di Euclide) interviene nell’elaborazione dei dati forniti dalla prima e nello sviluppo logico rigoroso della teoria stessa: «The naïve intuition is not exact, while the refined intuition is not properly intuition at all, but arises through the logical development from axioms considered as perfectly exact» [Klein, 1894, p. 42]. Nell’articolo Sullo spirito aritmetico nella matematica, Klein ipotizza inoltre che la chiarificazione del rapporto fra processo intuitivo e processo logico possa arrivare dalla fisiologia e dalla psicologia sperimentale [Klein, 1896, p. 115], e di questo tema discusse con Enriques in occasione del suo viaggio in Italia nel 1899:

Ho passato col Klein due giornate bellissime; - scrive Enriques a Castelnuovo - la prima a Firenze ove (tranne due ore di visite all'Istituto geografico) me lo sono goduto interamente, e la 2a a Bologna dove pure ho conferito lungamente con lui […]. Sabato durante la visita alle gallerie, gli ho esposto dettagliatamente il programma del mio Art[icolo] sui Fondamenti della Geometria, e sono stato lieto di vederlo soddisfatto. Egli ha preso note assai minute su ciò che gli ho esposto. […] Ma il soggetto di cui abbiamo discorso più lungamente è quello che si riferisce ai problemi psicologici matematici. Ieri mattina congedandosi da me, mi ha detto: riprenderemo la nostra conversazione su questi argomenti, che non dimenticherò.

Klein, infatti lo aveva invitato a scrivere il capitolo sui fondamenti della geometria per la Encyklopädie der mathematischen Wissenschaften e questo fu anche il tema che assorbì le loro discussioni durante la permanenza di Enriques a Göttingen nel 1903:

Quanto alla conversazione di Klein – scrive a Castelnuovo – sai già quanto era interessante; oltre che delle questioni sui principii abbiamo discorso molto di questioni didattiche e da lui solo in poche ore ho imparato tante cose interessanti, di cui non avevo mai avuto notizia, sullo sviluppo dell’istruzione matematica in Inghilterra e in Germania.

Enriques farà propri molti degli assunti pedagogici di Klein che, come è noto, si impegnò molto nel processo di riforma dell’insegnamento della matematica in Germania. Mosso dal desiderio di colmare la discontinuità fra la scuola secondaria e l’università, egli propose di anticipare l’insegnamento della geometria analitica e quello del calcolo differenziale e integrale nelle scuole secondarie, anche quelle a indirizzo più umanistico: il concetto di funzione avrebbe dovuto pervadere l’intero curricolo di matematica. L’espressione funktionales Denken fu adottata come slogan per il suo programma di riforma. Fra i metodi di insegnamento preferiva quello genetico, cioè quello che tiene conto delle origini e dell’evoluzione delle teorie e dei concetti, e dunque attribuiva importanza alla prospettiva storica. Riteneva inoltre che gli insegnanti dovessero catturare l’attenzione dei propri allievi adottando un approccio intuitivo alla matematica, mostrando le connessioni fra le varie parti della matematica stessa e i collegamenti con le altre scienze, mettendone in luce anche le applicazioni. L’importanza di stabilire connessioni con il mondo reale lo portava poi a invitare gli insegnanti a dare più spazio alla Approximationsmathematik, cioè «la matematica esatta delle relazioni approssimate». Infine egli riteneva fondamentale nella formazione dei futuri insegnanti guardare alla matematica elementare da un punto di vista superiore.

È per interessamento di Klein che nel 1903 uscì la traduzione tedesca del volume Lezioni di geometria proiettiva di Enriques. Nella prefazione, che egli volle mettere in apertura al volume, esprime particolare apprezzamento per l’approccio adottato dal matematico italiano, che è «ovunque chiaro e evidente, ma del tutto rigoroso» (überall anschaulich und doch völlig streng) [Klein 1903, p. III] e sottolinea il fatto che i matematici italiani non hanno disdegnato, diversamente che in Germania, di esplorare l’impatto delle loro ricerche sull’insegnamento.

L’esempio di Klein e in particolare delle Vorträge über Ausgewählte Fragen der Elementargeometrie (1895), stimolò Enriques a dare l’avvio a una serie di studi monografici sulle matematiche elementari da un punto di vista superiore avvalendosi della collaborazione di amici e discepoli. Scriveva infatti a Castelnuovo nella primavera del 1899:

Ora vengo a parlarti di un progetto, che spero di attuare con poca fatica. Si tratta di un libro dedicato a tutte le questioni che interessano la G[eometria] elementare (fra queste vi sono anche quei problemi non di 2° gr[ad]o trattati dal Klein, ma le questioni sono moltissime). Mi propongo non di farlo, ma di farlo fare a giovani laureati e ad insegnanti delle scuole secondarie, serbando a me, o a qualche altro matematico che volesse occuparsene, la trattazione di qualche argomento più delicato.

Fra coloro che Enriques coinvolse nella realizzazione della sua impresa compaiono Ugo Amaldi, Ettore Baroni, Roberto Bonola, Benedetto Calò, Castelnuovo, Alberto Conti, Ermenegildo Daniele, Amedeo Giacomini, Alfredo Guarducci, Giuseppe Vitali. Alcuni di essi erano amici o colleghi, ma altri erano insegnanti di scuola secondaria come Ettore Baroni (1866- 1918) che insegnò dal 1901 al Liceo E. Q. Visconti di Roma; Benedetto Calò (1869-1917) che insegnò dal 1900 all’Istituto tecnico di Napoli; Alberto Conti (1873-1940) che insegnava nelle scuole secondarie a Firenze e nel 1900 fondò la rivista dedicata agli insegnanti Il Bollettino di Matematica; Amedeo Giacomini (1873-1948) che veniva da Pisa, e Alfredo Guarducci (1871-1944) che era professore di matematica presso il Liceo classico in Prato. Dal loro lavoro collettivo nel 1900 uscirono le Questioni riguardanti la geometria elementare [Enriques, 1900], opera rivolta espressamente alla formazione degli insegnanti. Sebbene la geometria euclidea rimanesse per Enriques il «più efficace strumento educativo delle intelligenze, più conforme al senso della realtà geometrica», egli tuttavia riteneva, come Klein, che l'insegnamento della geometria potesse trarre vantaggio dai «progressi portati, anche nel campo degli elementi, da una critica più matura e dagli sviluppi recenti delle alte Matematiche» e che di tali progressi dovessero «possedere una cognizione assai larga gli insegnanti cui la scuola secondaria è affidata, affinché l'opera loro possa ispirarsi a più larghe vedute» [Enriques, 1900, p. II]. I temi affrontati sono la congruenza, l’equivalenza, la teoria delle parallele, i problemi geometrici risolubili o meno con riga e compasso e la costruibilità dei poligoni regolari. Enriques riservò a sé stesso la redazione dell’articolo sulle equazioni algebriche risolubili per radicali quadratici e sulla costruibilità dei poligoni regolari, e antepose al volume un ampio saggio dal titolo Sull’importanza scientifica e didattica delle questioni che si riferiscono ai principii della Geometria [Enriques, 1900, p. 1-31], su cui merita soffermarsi perché da esso emerge già abbastanza chiaramente il suo modo di concepire l’insegnamento della matematica e la formazione degli insegnanti. Il saggio si articola in due parti: nella prima Enriques delinea la sua visione della geometria come «scienza sperimentale» al pari della fisica [Enriques, 1900, p. 5], riprende poi il concetto di geometria astratta, già presentato nelle Conferenze di geometria del 1894-1895, illustrandone i pregi, ma precisando anche che:

La Geometria astratta può ricevere varie interpretazioni e trarre così nuovi aiuti da varie forme di intuizione. Ma ove, all’opposto, si voglia prescindere affatto da ogni maniera d’interpretarla, costruendo un edifizio puramente logico, in base a criterii esclusivamente logici, si corre il pericolo di cadere nel vuoto. […] non bisogna dimenticare che tale scienza è scienza di fatti, fisici o intuitivi, che vogliano considerarsi. Il formalismo logico deve essere concepito, non come un fine da raggiungere, ma come un mezzo atto a svolgere e ad avanzare le facoltà intuitive. Gli stessi resultati più lontani, logicamente stabiliti, non debbono ancora considerarsi come un acquisto maturo, fino a che non possano essere in qualche modo intuitivamente compresi. Ma nei principii l’evidenza intuitiva deve risplendere luminosa [Enriques, 1900, p. 12].

Enriques pone la geometria in una posizione centrale nella matematica perché la considera come il terreno più adatto per conciliare i procedimenti formali astratti con i procedimenti sperimentali come preciserà meglio nel volume Problemi della Scienza (1906), che rappresenta la sistemazione organica delle riflessioni iniziate come si è visto con il suo insegnamento bolognese: qui illustrerà il suo rifiuto del punto di vista kantiano e le divergenze dal convenzionalismo di Poincaré.

Affronta successivamente il problema dell’acquisizione psicologica dei concetti fondamentali della geometria e, sulla base degli studi di psicologia fisiologica che stava portando avanti da alcuni anni, afferma che «i tre rami della Geometria, in essa differenziatisi, cioè la teoria del continuo, la Geometria metrica e la proiettiva […] appaiono connessi a tre ordini di sensazioni: rispettivamente alle sensazioni generali tattili-muscolari, a quelle del tatto speciale e della vista» [Enriques, 1900, p. 19], dove per tatto speciale si intende la mano che consente all’uomo di confrontare e misurare gli oggetti. La spiegazione dettagliata verrà data da Enriques nell’articolo del 1901, Sulla spiegazione psicologica dei postulati della geometria e nei Problemi della scienza.

Sulla base di queste riflessioni, nella seconda parte del saggio Enriques esamina alcune questioni didattiche, e si rivolge direttamente agli insegnanti, esortandoli ad approfondire «lo spirito filosofico» della matematica, «quello spirito di relazione che tutto coordina in una sintesi, e fa brillare sugli umili particolari la grande luce dell'idea generale!» [Enriques, 1900, p. 23]. I suoi interlocutori sono soprattutto i professori del ginnasio-liceo e quelli della sezione fisico-matematica degli istituti tecnici, per quanto egli osservi in una nota [Enriques, 1900, p. 24] che anche gli insegnanti delle Scuole normali, rivolte alla formazione dei maestri, potrebbero trarre vantaggio dalle sue riflessioni.

Vogliamo qui sottolineare solo alcuni punti salienti su cui Enriques ritornerà più volte in seguito. Innanzitutto l'insegnamento secondario non deve aver come obiettivo solo quello di fornire nozioni utili, bensì quello di educare le intelligenze al ragionamento e di stimolare nei giovani lo spirito di iniziativa; le analisi critiche e gli approfondimenti filosofici, che è opportuno che gli insegnanti conoscano, non devono entrare nella pratica didattica perché gli allievi non sarebbero in grado di apprezzarli, ma devono comunque illuminarla; sviluppi tecnici artificiosi e problemi astrusi devono essere evitati. Per quanto riguarda la geometria in particolare, egli osserva:

ci pare che il fine essenziale dell'insegnamento sia raggiunto, se si riesce a far comprendere come lo sviluppo logico della Geometria riposi sopra una base empirica, distruggendo la strana illusione per cui i postulati fondati sopra un esperimento immediato, sembrano quasi avere un grado di certezza inferiore ai teoremi, che pur da quelli dipendono [Enriques, 1900, p. 28].

Egli precisa poi quale debba essere il metodo di insegnamento, metodo che più tardi chiamerà razionale-induttivo: è opportuno che gli insegnanti partano da una serie di osservazioni e in base ad esse presentino i concetti fondamentali come «rappresentanti ideali di enti della realtà» ed enuncino i postulati «come espressione di fatti elementari». In un secondo tempo da questi si deducono i teoremi, iniziando con i più semplici fino a considerare i più complessi. È utile poi far seguire alla dimostrazione rigorosa dei teoremi stessi la verifica sperimentale. Enriques invita però gli insegnanti a tenere ben separati i fatti empirici da quelli logici e osserva che «non mai un nuovo dato della intuizione, dimenticato nelle premesse, si insinui nascostamente nel ragionamento dimostrativo» [Enriques, 1900, p. 29]. Questa, egli afferma, «è la sola, importante, anzi necessaria, condizione di rigore», mentre «per il rigore non importa affatto cercare l'indipendenza dei postulati, ed anzi didatticamente è preferibile trarre dall'osservazione un maggior numero di principi evidenti» [Enriques, 1900, p. 30].

Questo articolo fu in seguito approfondito e sdoppiato nei due capitoli Sull’importanza filosofica delle questioni che si riferiscono ai principii della Geometria e Sull’insegnamento della Geometria razionale, nella seconda edizione ampliata delle Questioni, che apparve nel 1912 con il titolo Questioni riguardanti le matematiche elementari. Tale revisione nasceva dalle riflessioni di Enriques confluite nel frattempo nel già citato Problemi della scienza. Questa seconda edizione delle Questioni si estendeva a questioni di aritmetica e di algebra e si avvaleva di nuovi collaboratori: Oscar Chisini, Duilio Gigli, Alessandro Padoa e Umberto Scarpis.

Alcuni aspetti della visione epistemologica di Enriques alla base del suo pensiero didattico

Dalle ricerche del decennio 1896-1906 emerge dunque un programma culturale già delineato nei suoi tratti salienti, in cui ricerca attiva nel settore della geometria algebrica – dal 1896 al 1914 Enriques con Castelnuovo portava a termine la classificazione delle superfici algebriche – riflessioni filosofiche, psicologiche, storiche e didattiche si intrecciano in modo armonico. Lo scopo che egli si prefiggeva era quello di trasmettere ai suoi interlocutori, scienziati, filosofi e educatori, la sua visione di una humanitas scientifica, in cui fossero superate le differenziazioni disciplinari e venisse colmato il distacco fra scienza e filosofia.

Alcuni degli assunti epistemologici che fanno da sfondo a tutta l’opera di Enriques, influenzano anche la sua visione dell’insegnamento della matematica. In quanto segue si è cercato di avvalorare questa affermazione.

Visione genetica e dinamica del processo scientifico e significato dell’errore

Il processo scientifico, secondo Enriques è un «processo induttivo e deduttivo, che dalle osservazioni particolari sale ai concetti generali ed astratti per ridiscendere alle esperienze di fatto, processo di sviluppo continuo, che pone fra le teorie un rapporto generativo e scorge nel loro succedersi un’approssimazione alla verità» [Enriques, 1912a, p. 132]. La scienza dunque, non viene da lui intesa come un insieme di conoscenze immobili, come un sistema chiuso di proposizioni definitive, ma un processo dinamico il cui valore «consisterà piuttosto nel camminare che nel fermarsi ad un termine provvisoriamente raggiunto. I fatti, le leggi, le teorie riceveranno il loro senso non tanto come sistema compiuto e statico, quanto nella loro reciproca concatenazione e nel loro sviluppo» [Enriques, 1936, p. 3].

In una tale visione della scienza è naturale che acquisiscano valore anche gli errori perché «ogni errore contiene sempre una verità parziale da mantenere, così ogni verità un errore parziale da correggere» [Enriques, 1911, p. 417].

L'errore-lacuna (che si verifica quando manca un anello nella deduzione che porta ad una affermazione vera) e l'errore propriamente detto (quando si afferma come vera una proposizione falsa) secondo Enriques sono errori che si incontrano quasi necessariamente nell'acquisizione psicologica di una teoria e si incontrano spesso nello sviluppo storico della scienza; essi non appartengono né alla facoltà logica né a quella intuitiva, ma si introducono «nel momento delicato del loro raccordo» quando cioè dagli oggetti effettivamente percepiti, si passa alla formazione dei concetti astratti [Enriques, 1942, p. 64, 65]. La correzione degli errori porta al progresso scientifico, di qui il loro valore euristico.

Questa visione del processo scientifico si riflette necessariamente sull’educazione matematica. Enriques critica pertanto la tendenza a esporre una teoria matematica in modo strettamente deduttivo, perché così apparirebbe chiusa e perfetta, ma priva di stimoli alla scoperta: occorre invece che gli insegnanti aprano gli orizzonti affrontando i problemi con metodi diversi, dando notizia degli errori che hanno fatto progredire la scienza, accennando a questioni aperte e a nuovi campi di studio. D’altro canto occorre che tengano conto anche degli errori dei propri allievi poiché gli «errori propriamente detti» rappresentano, secondo Enriques, «tappe naturali del pensiero nella ricerca della verità», e dunque rappresentano «esperienze didattiche» e «altrettante occasioni di apprendere» [Enriques, 1936, p. 14].

La storia della scienza

È naturale quindi che la storia della scienza venga a poco a poco ad assumere per Enriques un ruolo sempre più importante nel suo progetto di realizzazione di una humanitas scientifica e nelle varie iniziative da lui promosse per la formazione degli insegnanti.

Tre sono i metodi propri della sua «gnoseologia positiva»: quello storico per ricostruire la genesi dello sviluppo delle teorie scientifiche, quello psicologico per studiare la formazione dei concetti, e quello scientifico che «consiste nell’esame critico diretto della Scienza, riguardata essa stessa come il fatto da spiegare» [Enriques, 1936, p. 78]. Di questi il metodo storico, che fra l’altro è strettamente collegato alla visione dinamica della scienza, assume per Enriques un ruolo sempre più rilevante:

Una visione dinamica della scienza- egli scrive- porta naturalmente sul terreno della storia. La rigida distinzione che si fa di consueto fra scienza e storia della scienza, è fondata sul concetto di questa come pura erudizione letteraria; […] Ma assai diverso significato ha la comprensione storica del sapere che mira a […] chiarire il cammino dell’idea […]. Una tale storia diviene parte integrante della scienza.

La storia è infatti intesa essa stessa come una scienza:

La storia della scienza […] deve essere costruita mercé il ragionamento scientifico che vale a coordinare e a valutare le tradizioni, le testimonianze, le fonti, indagando prima la possibilità per inferire la realtà. In tal guisa l’antitesi scienza-storia si risolve in una collaborazione per riguardo al progresso concreto del nostro sapere [Enriques, 1938a, p. 166].

Non solo: la storia offre anche la legittimazione culturale della funzione della matematica e pertanto ha per Enriques una funzione didattica centrale sia nella formazione degli insegnanti, sia nell’insegnamento. Egli si rammarica che troppo spesso «le matematiche sieno state studiate come un organismo a sé, riguardandone piuttosto la sistemazione astratta conseguita dopo uno sviluppo secolare, che non l'intima ragione storica. Si dimenticano per tal modo i problemi concreti che conferiscono interesse alle teorie, e sotto la formula o lo sviluppo del ragionamento non si vedono più i fatti ormai da lungo tempo acquisiti, ma soltanto la concatenazione in cui noi artificialmente li abbiamo stretti» [Enriques, 1907, p. 71]. Per questa ragione, secondo Enriques, i futuri insegnanti dovrebbero studiare origini e sviluppi di ciascuna teoria e non una loro formulazione statica [Enriques, 1921b, p. 16]; dovrebbero conoscere le opere dei matematici antichi, analizzare il loro modo di affrontare i problemi e i metodi utilizzati per risolverli, al fine di comprendere meglio i più generali e complessi sviluppi moderni della scienza. Così pure i giovani dovrebbero essere «educati sui capolavori dei maestri» attraverso letture in classe di passi significativi delle loro opere:

Per una cultura seria e veramente fattiva è necessario che questi vengano messi a contatto coi grandi pensatori, e avviati così a conoscere la genesi storica delle idee scientifiche. I poeti sviluppano la loro coscienza in compagnia dei poeti, i mercanti in compagnia dei mercanti, i filosofi dei filosofi. Anche per quella filosofia che è la scienza è tempo di volgersi dai manuali e dalle compilazioni alle fonti [Enriques, 1925b, p. 11].

E ancora:

La scuola non è un campo in cui la fantasia individuale abbia a sbizzarrirsi tentando esperimenti arbitrarii, anzi tanto più è atta ad accogliere gli spiriti e le voci della società circostante, quanto più si alimenti della tradizione in cui anche questa prolunga le sue radici: non già serbando viete forme e ripetendone la morta parola, ma riattaccando […] il passato al presente della cultura, in uno sforzo verso l’avvenire. E come la scuola la scienza. Anche per questa non vi ha un vero progresso, dove le nuove generazioni non attingano alla continuità del pensiero scientifico la visione dei problemi, facendosi valenti nello studio dei grandi modelli [Enriques, 1925a, p. 8].

La storia della scienza, inoltre, può rappresentare anche un importante sussidio didattico per comprendere meglio certi concetti o proprietà. Per esempio, a proposito della comprensione di alcune semplici proprietà aritmetiche, egli scrive:

Se l’allievo deve partecipare in modo attivo a questo studio, non si può dargli definizioni e regole senza spiegazione, come doni piovuti dal cielo, di cui poi quegli che riceve il dono non saprebbe servirsi. […] La storia della scienza viene qui in soccorso, mostrandoci come le verità aritmetiche siano state riconosciute dai Pitagorici mediante modelli geometrici dei numeri, quali sono i numeri figurati: numeri quadrati e rettangolari, numeri triangolari ecc. [Enriques, 1934, p. IX-XI].

Aspetti induttivi della ricerca scientifica e dialettica fra intuizione e rigore

Connesso con la sua visione della scienza e della storia è il modo di Enriques di concepire il lavoro di ricerca del matematico come un’attività che mira soprattutto alla scoperta e dà un rilievo particolare all’aspetto induttivo e all’intuizione:

La cosa essenziale è di regola scoprire – scrive molto ottimisticamente Enriques – a posteriori si riesce sempre a darne una dimostrazione … [che] traducendo l’intuizione dello scopritore in termini logici, vuol dare a tutti il mezzo di riconoscere ed appurare la verità.

Sul metodo di lavoro di Enriques molto è stato scritto per cui mi limito a sottolineare con una citazione l’importanza che egli annetteva all’intuizione nella ricerca scientifica:

La facoltà che viene in opera nella costruzione della scienza e che esprime perciò il reale potere dello spirito matematico è l’intuizione. […] Vi sono più forme d’intuizione. La prima è l’intuizione o immaginazione del visivo. […] Ma c’è poi un’altra forma d’intuizione più astratta, quella – per esempio – che consente al geometra di vedere con gli occhi dello spirito negli spazi a più dimensioni. E c’è ancora un senso delle analogie formali che, presso molti analisti rimpiazza la rappresentazione visiva delle cose. […] l’intuizione stessa si prolunga e si supera nel potere unificatore della ragione che non è qualcosa di esclusivo del matematico, ma – in ogni campo della scienza e della pratica – contrassegna la maggiore altezza dello spirito [Enriques, 1938a, p. 173-174].

Logica e intuizione sono per Enriques due aspetti inscindibili di un medesimo processo, pertanto nell’insegnamento occorre trovare un giusto equilibrio fra esse. Ciò che è veramente importante è distinguere nettamente fra l’osservazione empirica e l’intuizione da un lato, e la logica dall’altro, e dare la preminenza alla «logica in grande», cioè allo studio delle connessioni organiche della scienza, rispetto alla «logica in piccolo», analisi raffinata, quasi microscopica del pensiero esatto:

Non giova sviluppare - egli scrive - con impeccabile deduzione la serie dei teoremi della geometria euclidea, se non si ritorni a contemplare l’edifizio costruito, invitando i discepoli a distinguere le proprietà geometriche veramente significative da quelle che hanno valore soltanto come anelli della catena [Enriques, 1921b, p. 10].

In merito alla resistenza di molti insegnanti italiani ad introdurre metodi più intuitivi ed empirici vedendovi insita una certa incompiutezza e un modo di ragionare non rigoroso, Enriques osserva con un pizzico di umorismo:

Respingere le idee che hanno […] rapporto con l'occhio, o con l'orecchio, o col tatto, vedendo nelle sensazioni non le porte della conoscenza, ma soltanto l'occasione di errori peccaminosi, questo strano pudore dei logici matematici ci richiama alla memoria Plotino e quegli asceti cristiani del Medio Evo che si vergognavano di avere un corpo [Enriques, 1938a, p. 145].

L’educazione al ragionamento astratto, non sorretto dall'intuizione, deve essere graduale in modo che l’allievo riesca a coglierne l’importanza. Enriques suggerisce, per esempio, di iniziare col presentare alcune dimostrazioni per assurdo dalle quali, egli afferma, la logica «trae la sua origine storica» e aggiunge:

Solamente al termine d'un corso di geometria, riguardando al sistema della scienza, gioverà spiegarne l'organismo logico, rilevando il significato dei concetti primitivi e dei postulati, coi quali si deve cominciare un trattato scritto [...] ma non la lezione viva, che lascia dietro di sé quei principii, avvertendo il discepolo che contengono soltanto una ricapitolazione precisa di cose note, da richiamare di mano in mano che se ne presenti il bisogno [Enriques, 1921b, p. 11].

Enriques ritiene inoltre antididattico ostinarsi a dimostrare ciò che è intuitivamente evidente perché si rischia di toglier valore all'intuizione e di indurre gli allievi a dubitare dell'importanza del ragionamento. Così pure non si deve abusare del criterio di generalità: «la forma troppo astratta dell’enunciato riesce ad oscurare il vero significato del teorema nascondendone le origini, e in secondo luogo crea nei giovani studiosi la lusinga delle facili generalizzazioni, puramente formali».

Scienza come «conquista e attività dello spirito» e visione unitaria della cultura

Croce e Gentile, i massimi rappresentanti del neo-idealismo italiano, come è noto, tendevano a svalutare la scienza riconoscendole solo una funzione pratica e un ruolo del tutto strumentale e a separarla dal mondo della filosofia e della cultura. È quindi naturale che Enriques abbia combattuto con tutte le sue forze questa visione contrapponendovi un’immagine della scienza come «conquista e attività dello spirito … [che] si fonde nell’unità dello spirito colle idee, coi sentimenti, colle aspirazioni che si esprimono nei vari aspetti della cultura» [Enriques, 1938b, p.130]. Egli era infatti ben consapevole del grave pericolo che l’isolamento culturale può costituire per la scienza e riteneva che:

il fine a cui oggi si deve tendere è un’educazione scientifica, la quale faccia meglio comprendere a colui che lavora in un campo qualsiasi come l’oggetto della propria ricerca venga subordinato a problemi più generali. […]. Nulla è così pericoloso come il rinchiudersi in un cerchio, donde si bandisca con una logica rigorosa ciò che non si accorda coi resultati di un’esperienza ristretta! [Enriques, 1906, p. 3-4].

Inoltre, il fatto che la scienza non debba avere scopi puramente utilitaristici non implica per Enriques la separazione fra scienze pure ed applicate, significa solamente che la ricerca scientifica rappresenta un valore in sé. Al pari di Klein egli riteneva infatti utile e necessario mantenere uno stretto legame tra scienze astratte e scienze applicate perché le prime offrono strumenti necessari agli scopi delle seconde, e queste, a loro volta, svolgono una funzione essenziale nello stimolare lo sviluppo delle scienze teoriche, come la storia mostra ampiamente [Enriques, 1924a, p. 4].

Questa visione unitaria della scienza, e della cultura, in generale trova espressione nel costante sforzo di Enriques di gettare un ponte fra la matematica e le altre branche del sapere quali la fisica, la biologia, la psicologia, la fisiologia, la filosofia e la storia, perché solo nel superamento di anguste specializzazioni la scienza, e in particolare la matematica, acquistano il loro valore umanistico e formativo. Il suo motto era: «coltivare il proprio ramo di studii come un frammento della scienza generale!» [Enriques, 1912b, p. 35].

Di qui derivano alcuni punti fondamentali della visione didattica di Enriques: l’importanza di stabilire collegamenti fra le varie parti della matematica e fra essa e le altre attività intellettuali, perché esse non sono altro che momenti diversi di un unico processo conoscitivo; la necessità di un insegnamento attivo; l’importanza di formare insegnanti capaci di trasmettere una conoscenza viva nello spirito dei discepoli «come scintilla di fuoco ad accendere altro fuoco» [Enriques, 1921b, p. 15]; ed infine la convinzione del valore formativo e culturale della matematica.

Il compito del maestro, secondo Enriques, consiste nel comunicare all'allievo «il bisogno della conoscenza prima di conferirgliene il possesso» e nel «riconquistare insieme a lui, colla gioia della scoperta» tale conoscenza; un insegnamento di questo tipo è certamente assai più difficile, ma è molto più proficuo per l’allievo e anche più gratificante per chi insegna [Enriques, 1928, p. 68]. Pertanto egli propone agli insegnanti di adottare il metodo che Socrate usava con i suoi discepoli, che consiste nel conversare con gli allievi, fingendosi «un poco ignorante» e, attraverso il dialogo e una ricerca guidata condurli alla scoperta personale delle verità matematiche:

Il più grande vantaggio di questo metodo è, a mio avviso, la sincerità, perché il postulato dell'ignoranza è infinitamente più vicino al vero che la presupposizione di conoscenze già sicure nella mente dell'allievo, da cui muove la lezione cattedratica [Enriques, 1921b, p. 14].

Solo attraverso la conquista personale l’allievo potrà arrivare alla vera comprensione della matematica e per interessarlo e stimolare la sua partecipazione attiva è necessario che gli insegnanti non si limitino a ripetere meccanicamente la vecchia lezione appresa quando erano essi stessi discepoli, ma si mostrino capaci di «recare una veduta più chiara e più larga» che nasce dalla padronanza delle matematiche superiori:

non vi è iato o scissura fra matematiche elementari e matematiche superiori, - scrive Enriques - perché queste si sviluppano da quelle, al pari dell'albero dalla tenera pianticina. E come, riguardando l'albero, potremo scoprire nella pianticina nuovi aspetti o comprendere caratteri di cui ci era sfuggito il significato, così anche lo sviluppo dei problemi matematici recherà luce sulle dottrine elementari in cui essi profondano le loro radici [Enriques, 1921b, p. 15-16].

La battaglia per l’humanitas scientifica: le strategie d’azione

Le strategie d’azione di Enriques per affermare la sua visione di humanitas scientifica sono diversificate, si dispiegano in varie direzioni a livello culturale, istituzionale ed editoriale, in aggiunta al canale dei corsi universitari, e si rivolgono a pubblici diversi, professori universitari, insegnanti di scuola secondaria, filosofi, e scienziati in generale. In particolare le energie e l’impegno profuso nella formazione degli insegnanti e dunque nel miglioramento dell’educazione matematica nelle scuole secondarie, sono veramente straordinari.

Le iniziative degli anni bolognesi

Nel 1900, come si è detto, Enriques aveva pubblicato le Questioni riguardanti la geometria elementare che gli offrirono in certo modo la base scientifica e metodologica per la redazione del celebre manuale Elementi di geometria [Enriques - Amaldi, 1903], il quale ebbe numerose edizioni successive fino al 1992 [Enriques - Amaldi, 1992; Israel, 1992], e fu il primo di una lunga e fortunata serie di testi di geometria, algebra, trigonometria e analisi per la scuola secondaria. Tutti furono scritti a due mani con Ugo Amaldi (1875-1957), che fu per Enriques un coautore intelligente e paziente in grado di realizzare quel «processo di adattamento e quasi di ricerca sui casi concreti del settore di interferenza di due mentalità, che richiede giorno per giorno scambi di idee, discussioni, rinunce concordate a tendenze individuali fino a costituire quella specie ben definita di mentalità media fra le due che deve essere per così dire l’autore fittizio del libro». L’impostazione metodologica è però senza dubbio quella di Enriques: la materia è presentata secondo un approccio «razionale-induttivo» allo scopo di evitare il difetto tipico dell’esposizione euclidea che occulta il processo di scoperta in una struttura rigidamente dogmatica. A partire da una serie di osservazioni, gli autori enunciano certi postulati, da cui ricavano con il ragionamento logico i teoremi che ne derivano, e, di continuo, ritornano a osservazioni o a spiegazioni di carattere intuitivo [Enriques, 1912b, p. 24]. Anche in questo caso Enriques riconosce l’influenza di Klein, e Klein menziona questo manuale nel capitolo sull’insegnamento della geometria in Italia, Der Unterricht in Italien, nella sua opera Elementarmathematik vom höheren Standpunkte aus, riconoscendo agli autori il merito di aver tenuto conto in modo particolare delle esigenze didattiche, arrivando così a conciliare rigore e intuizione.

Un apprezzamento analogo si trova nella lunga e dettagliata recensione del manuale scritta da Vailati che anzi osserva che alcune dimostrazioni che portano a conclusioni che per l’allievo non sono meno evidenti dei postulati che utilizzano, avrebbero potuto essere enunciate sotto forma di postulato, perché l’allievo deve arrivare «il più presto possibile a vedere nel processo di dimostrazione un mezzo per passare dal noto all’ignoto» [Vailati, 1904, p. 24]. La «parte filosofica» non è invece condivisa da Beppo Levi che ritiene venga dato un eccessivo peso all’osservazione e all’esperienza nella formazione dei concetti geometrici, e che non è neppure entusiasta dell’approccio alla teoria della congruenza che è sviluppata seguendo in parte l’impostazione di D. Hilbert. Gli autori infatti assumono come primitiva la nozione di congruenza per i segmenti e per gli angoli e adoperano il movimento, inteso come «operazione fisica», per spiegarne il significato e per verificarne le prime proprietà. La definiscono poi caso per caso per le figure più complesse man mano che si presentano.

Un altro testo diventato classico sono le Nozioni di matematica [Enriques - Amaldi, 1914-1915] scritte per il liceo moderno istituito dal ministro Luigi Credaro nel 1911. I programmi di matematica, elaborati da Castelnuovo introducevano i concetti di funzione, di derivata e di integrale e davano un maggior rilievo alle approssimazioni numeriche. Il manuale, in due volumi, si apre con un capitolo su misure approssimate e numeri irrazionali e affronta successivamente il calcolo di aree e di volumi da un punto di vista elementare collegando problemi geometrici e problemi algebrici, introduce il concetto di funzione con ampio uso della carta quadrettata, presenta le funzioni elementari, tratta la trigonometria con particolare attenzione a problemi pratici, e affronta i concetti di limite, derivata e integrale. Rispetto a quello di geometria, questo manuale rivela altri aspetti caratteristici della visione didattica di Enriques. Innanzitutto, adottando un approccio fusionista ‘alla Klein’, le varie teorie matematiche sono viste come parti di un medesimo organismo e pertanto gli autori cercano di ristabilire l’unità della matematica evidenziando connessioni fra i vari settori, in particolare algebra e geometria conformemente al loro sviluppo storico; fanno «cadere le barriere» tra le matematiche elementari e quelle superiori e fra le matematiche e le altre scienze da cui prendono problemi, esercizi, esempi, in particolare per illustrare il concetto di funzione. In secondo luogo, la storia delle matematiche svolge un ruolo significativo. Da un lato alcune digressioni storiche mirano a mostrare il cammino della scienza, come la nota su Pi greco dagli Egizi a Lindemann, dall’altro si utilizza la storia per facilitare la comprensione di certi concetti: per esempio per calcolare i volumi della piramide, del cono e della sfera viene «esposto in forma elementare il procedimento d'integrazione classico dei precursori del Calcolo infinitesimale, che risale ad Archimede».

Il primo ventennio del Novecento costituì per Enriques un periodo estremamente intenso anche da altri punti di vista: prese parte attiva ai lavori della Federazione Nazionale Insegnanti Scuola Media (FNISM) fin dal primo congresso nazionale (Firenze 1902) e, nel quinto (Bologna 1906), fu relatore sul tema della formazione degli insegnanti; dal 1912 al 1915 fu Presidente dell'Associazione Nazionale fra i Professori Universitari; dal 1908 al 1920 fu delegato italiano, insieme a Castelnuovo e a Vailati, nella Commissione Internazionale dell’Insegnamento matematico (poi ICMI) presieduta da Klein [Giacardi, 2010] [Giacardi, 2019]. Il biennio 1906-1907, in particolare, fu fitto di iniziative: nel 1906 fondò la Società Filosofica Italiana di cui fu presidente fino al 1913, e in tale veste organizzò e presiedette il IV Congresso internazionale di filosofia che si tenne a Bologna nel 1911 e che provocò i noti attacchi di Croce e di Gentile. Nello stesso anno fu nel gruppo dei soci fondatori della trasformata Casa Editrice Zanichelli cui collaborò sia pubblicando le proprie opere, sia promovendo un’apertura internazionale, sia ancora stimolando la collaborazione di scienziati di valore [Fabietti, 1982]. Nel 1907 creò con Eugenio Rignano la Rivista di Scienza (dal 1910 Scientia), «organo internazionale di sintesi scientifica», allo scopo di combattere l'eccessiva specializzazione nel campo scientifico e di por fine all’egemonia degli studi letterari e storici [Linguerri, 2005].

Fra queste molteplici attività che, non dimentichiamolo, si accompagnano sempre alla ricerca scientifica ad alto livello, accenneremo a quelle che hanno una maggiore ricaduta sull’insegnamento della matematica e sulla formazione degli insegnanti, soffermandoci soprattutto su quelle meno note.

La posizione di Enriques sulle vie istituzionali per dare agli insegnanti una formazione scientifica e didattica adeguata emerge dalla relazione [Enriques, 1907] preparata in occasione del V Congresso della Federazione Nazionale Insegnanti Scuola Media (Bologna 1906). Dopo una premessa piuttosto ampia dove presenta la visione dell’insegnamento scientifico che abbiamo delineato sopra e la sua idea di università filosofica sul modello tedesco che permetta «il libero e pieno sviluppo di tutte le affinità elettive fra i diversi rami dello scibile» [Enriques, 1907, p. 73], Enriques suggerisce l’attivazione di una laurea pedagogica distinta da quella scientifica. Il primo biennio di studio dovrebbe, a suo parere, essere dedicato ad acquisire le conoscenze di base della disciplina, e al termine dei due anni avverrebbe la diversificazione fra coloro che intendono dedicarsi alla ricerca e quelli che si rivolgono all’insegnamento. Per costoro il secondo biennio dovrebbe effettuarsi nelle Scuole di Magistero e dovrebbe provvedere alla formazione professionale mediante «1) corsi su quelle parti della scienza che si riattaccano ad una più profonda visione degli elementi, 2) conferenze sulle questioni di pedagogia concreta che interessano i varii rami d’insegnamento, particolarmente in rapporto colla critica dei testi, 3) esercitazioni comprendenti il tirocinio parte nell’università e parte in una scuola secondaria, il disegno e la tecnica sperimentale» [Enriques, 1907, p. 78]. Egli auspica inoltre che vengano chiamati ad insegnare nella Scuola di Magistero tutti i professori delle facoltà scientifiche e i più bravi fra gli insegnanti delle scuole secondarie e propone che il reclutamento degli insegnanti avvenga in seguito a concorso per esami scritti e orali da cui emergano le attitudini scientifiche e didattiche dei candidati.

Queste proposte di Enriques che appaiono singolarmente attuali erano, come egli stesso sottolinea all’inizio della sua relazione, strettamente collegate al suo progetto di riforma dell’università che nasceva dalla constatazione dei difetti del sistema universitario italiano. Soprattutto egli criticava la mancanza di interazioni fra le varie facoltà, l’eccessiva frammentazione e separazione delle discipline con programmi obbligatori e troppo pesanti:

Guai a passare da un laboratorio ad un altro, a interrompere la produzione per meditare o studiare, o peggio ancora per tentare ricerche che oltrapassino i limiti stabiliti nella definizione delle cattedre!

Il temerario che si sarà avventurato sopra un terreno nuovo, indagando i rapporti fra due discipline diverse, sa bene quale sorte l’attenda.

Inoltre la tendenza dei professori a difendere ciascuno la propria disciplina favoriva la preminenza di settori consolidati di ricerca a danno di quelli interdisciplinari o inesplorati con pesanti ripercussioni sulla ricerca, sull’insegnamento e sul mondo del lavoro:

Ora tutte queste deficienze ed angustie si rispecchiano direttamente nell'insegnamento medio, […] Le esagerazioni del rigore - sotto forma di minuzie e di pedanterie senza scopo - nelle scuole di Matematica, l'empirismo dell'insegnamento fisico [...], l'erudizione morfologica che soffoca i corsi di scienze naturali ..., tutti questi difetti - spesso lamentati - sono in correlazione diretta colle condizioni della preparazione universitaria dei docenti delle scuole medie.

I futuri lavoratori saranno fiacchi, […] pronti a rifugiarsi ogni momento nelle scuse della procedura e nell’osservanza della forma.

Enriques, conformemente alla sua strategia d’azione, espose il suo punto di vista ai filosofi durante il primo Congresso della Società Filosofica Italiana nel 1906 a Milano, e nello stesso anno agli insegnanti di scuola media a Bologna, ai matematici e agli scienziati attraverso gli articoli della Rivista di Scienza nel 1908 e infine ai professori universitari nel 1911. La soluzione che egli proponeva è quella di congiungere in un’unica facoltà filosofica tutte le discipline teoriche: le matematiche, la fisica, la fisiologia, la storia, il diritto, l'economia ecc., mentre ‘speciali Scuole d'Applicazione’ avrebbero dovuto raggruppare insegnamenti professionali rivolti a una specifica carriera: i politecnici per gli ingegneri e i policlinici per i medici e infine le Scuole di Magistero per la formazione degli insegnanti. Per quanto riguarda più precisamente i programmi, i piani di studio e gli esami, Enriques riteneva che si dovesse: «ridurre al minimo la scienza da imparare»; lasciare agli studenti libertà di scegliere i corsi da frequentare entro un numero stabilito dalla facoltà, alla quale spetta però il compito di controllarne la serietà e la coerenza; e infine, introdurre un diverso modo di verificare le conoscenze e le capacità di sapersene servire.

In sintesi, scrive Enriques:

La riforma dell'Università italiana

1) deve corrispondere alle esigenze sintetiche della rinnovata coscienza filosofica e della vita pratica, avverso il particolarismo scientifico - didattico dell'epoca precedente;

2) deve ravvivare lo spirito d'iniziativa dei nostri Atenei, promuovendone la libera differenziazione;

3) deve sancire il principio della libertà degli studii ed, emancipando i giovani dal peso di un'erudizione formale, prepararli alle professioni ed alla vita con un esercizio più attivo delle loro facoltà.

Dalla stessa esigenza di combattere l’eccesso di specializzazione nacque la Rivista di Scienza che Enriques diresse con Rignano fino al 1915 e poi nuovamente dal 1930 al 1938 quando fu estromesso a causa delle leggi razziali. La visione che sta alla base della rivista è una filosofia scientifica che, «libera da legami diretti con i sistemi tradizionali, sorge appunto a promuovere la coordinazione del lavoro, la critica dei metodi e delle teorie, e ad affermare un apprezzamento più largo dei problemi della Scienza» («Rivista di Scienza», 1 (1907), p. 2), e, proprio per questo motivo, ebbe fin da subito una dimensione internazionale [Linguerri, 2005]. La rivista usciva in due edizioni, una italiana, e una estera distribuita da editori prestigiosi, in Inghilterra da William & Norgate, in Francia dall'editore F. Alcan e in Germania da W. Engelmann di Lipsia; inoltre, grazie alla autorevolezza personale, Enriques poteva assicurarsi la collaborazione di studiosi di fama - matematici, fisici, chimici, geologi, storici della scienza, sociologi, linguisti, economisti ecc. - quali, per esempio, A. Einstein, E. Mach, A. Michelson, W. Ostwald, C. É. Picard, B. Russell, V. Volterra ecc. Egli stesso dal 1907 al 1938 scrisse 23 fra articoli e note critiche, 63 recensioni e curò 25 rassegne di riviste e soprattutto diede una forte impronta alle prime annate. Non a caso oltre agli aspetti storici, filosofici e metodologici c’è attenzione anche agli aspetti educativi: vi compaiono articoli di G. Castelnuovo, J. Tannery, T. Bonnesen (1907), i suoi articoli sulla riforma dell’università e la sua recensione del volume di A. Galletti, G. Salvemini, La riforma della scuola media (1908), tre recensioni di G. Scorza su opere per l’insegnamento secondario della matematica (1913, 1915) e ancora un articolo di Enriques sull’arte di scrivere un trattato di matematica (1915).

La presidenza della Mathesis e la direzione del Periodico di matematiche

Nel 1919 Enriques fu nominato presidente della Associazione Mathesis carica che conserverà fino al 1932 e poiché nel 1921 il Periodico di matematiche divenne l’organo dell’associazione, ne assunse la direzione insieme a Giulio Lazzeri. L’impronta della quarta serie che prende l’avvio con il numero del 1921 è squisitamente enriquesiana a partire dal titolo Periodico di Matematiche. Storia – Didattica – Filosofia e dalle righe di presentazione che compaiono nella contropagina della copertina di ogni numero della rivista:

Il Periodico pubblica soprattutto articoli riguardanti le matematiche elementari intese in senso lato, ed altri tendenti ad una più vasta comprensione dello spirito matematico. Esso contiene inoltre relazioni del movimento matematico straniero, note di bibliografia e di trattatistica, varietà (problemi, giuochi, paradossi, etc.) nonché notizie di carattere professionale, ed infine gli Atti della Società Italiana di matematiche ‘Mathesis’.

Ancora una volta Enriques parlò con Klein del suo progetto per la rivista, auspicando, fra l’altro, anche la ripresa degli scambi fra Italia e Germania compromessi dalla prima guerra mondiale:

col prossimo anno mi propongo di riprendere la pubblicazione di un Periodico di Matematiche diretto agli insegnanti secondari, a cui vorrei dare nuova vita, valendomene per promuovere la cultura dei detti insegnanti, specie col richiamare la connessione fra i campi più elevati delle matematiche e gli elementi, nonché dando sviluppo alle questioni storiche. Non ho bisogno di spiegare a Lei l’interesse ed anche la difficoltà di una tale impresa, che risponde proprio ad una delle vedute che Lei stesso ha fatto brillantemente valere con tanti modi diversi di operosità.

Inviandole ora, come ho detto, la prima copia – che ha appena veduto la luce – del periodico di matematiche, vorrei chiederle in pari tempo, se il nostro programma non le sembri tale che il Periodico stesso meriti di essere diffuso anche in Germania, presso le biblioteche delle scuole di magistero o quelle che sono alla portata degli insegnanti. […] ho ottenuto dal detto editore Zanichelli il consenso ad una proposta, che – se potrà attuarsi – avrà un carattere simpatico, come quella che tende a facilitare la ripresa degli scambi intellettuali dei nostri paesi. Il pagamento degli abbonamenti al Periodico di matematiche potrà essere fatto in libri (da scegliere dall’editore Zanichelli).

Il Periodico doveva, secondo il progetto di Enriques, diffondere l'idea, da lui sempre sostenuta, della matematica come parte integrante della cultura filosofica, e anche colmare le carenze, nella cultura italiana, sul piano della didattica della scienza. Nella lettera aperta ai lettori che apre il numero del 1921 Enriques presenta un vero programma di lavoro per la rivista che è nello stesso tempo un programma di lavoro per gli insegnanti i cui cardini sono i seguenti: «approfondire, in più sensi, la scienza stessa che s’insegna così da poterla dominare da nuovi e più alti punti di vista», e dunque evidenziare i nessi fra le matematiche elementari e le superiori; utilizzare «la storia della scienza, dalla quale vuolsi apprendere, non tanto la notizia erudita, quanto la considerazione dinamica dei concetti e delle teorie, ravvisando l’unità del pensiero»; far emergere i collegamenti con le altre scienze, in particolare la fisica per offrire più «larghe visioni della scienza e degli scopi o significati di tante svariate ricerche» [Enriques, 1921a].

Alla lettera segue il celebre articolo Insegnamento dinamico [Enriques, 1921b] che appare come il manifesto del programma di lavoro di Enriques e di quella particolare visione dell’educazione matematica che abbiamo presentato sopra: insegnamento attivo, metodo socratico, apprendimento come scoperta, giusto equilibrio fra intuizione e logica, importanza dell’errore, della visione storica dei problemi, delle connessioni fra matematica e fisica, delle matematiche elementari dal punto di vista superiore e valore formativo delle matematiche.

Basta scorrere la rivista per accorgersi come sia aumentato soprattutto il numero degli articoli di fisica e di storia della fisica e di quelli di storia della matematica e della scienza in generale. I principali collaboratori in questi settori sono i fisici Enrico Persico, Umberto Forti ed Enrico Fermi, e gli storici della matematica Ettore Bortolotti, Gino Loria e Amedeo Agostini, ma vi sono anche contributi di Ugo Cassina, Giulio Vivanti, Alpinolo Natucci, insegnante di scuola secondaria a Pisa, di Emilio Artom, anch’egli insegnante a Torino, di Maria Teresa Zapelloni e di altri ancora. Sono degni di menzione per la loro impronta enriquesiana anche gli articoli scritti da Oscar Chisini che Enriques volle come segretario di redazione fin dal 1921 e che alla sua morte diventerà direttore del Periodico: si tratta di riflessioni su aspetti elementari delle matematiche che ne colgono i collegamenti con le conquiste recenti della ricerca scientifica, facendo riferimento alla storia e agli aspetti didattici. Enriques stesso scrive ben 27 fra articoli e brevi note e 34 recensioni, la maggior parte dei quali relativi alla storia della scienza o all’insegnamento della matematica.

L’apertura alle altre scienze si manifesta anche nel nuovo statuto della Mathesis che il 7 maggio 1922 accoglieva fra i soci anche gli insegnanti di fisica e portava la società ad assumere la nuova denominazione Società italiana di scienze fisiche e matematiche ‘Mathesis’. Sotto la guida di Enriques il numero dei soci crebbe da 775 a 895 nel 1920 e nel 1924 superò i 1.200.

Durante il suo mandato la società organizzò 6 congressi nazionali a Trieste (1919), Napoli (1921), Livorno (1923), Milano (1925), Firenze (1929), Milano (1931). I congressi del 1929 e del 1931 furono organizzati in collaborazione con la Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS), diretta all’epoca dal geologo Gian Alberto Blanc. Pur avendo la SIPS fra i suoi scopi quello di contrastare l’eccessiva specializzazione e di stimolare il dialogo interdisciplinare, il suo programma non interferiva con quello di Enriques ma ne era complementare, essendo rivolto principalmente al mondo della tecnologia e dell’industria. I discorsi inaugurali che egli pronunciò come presidente della Mathesis in ciascuno dei congressi nazionali sono tutti volti a difendere il valore culturale e formativo della matematica e delle scienze.

I problemi che Enriques si trovò a fronteggiare durante il suo mandato non erano semplici anche perché erano collegati con le condizioni storiche e politiche contingenti. In ogni caso egli fu sempre attento all’opinione degli insegnanti e delle varie sezioni locali della Mathesis come emerge per esempio dalla corrispondenza con Giacomo Furlani, presidente della sezione triestina. Al termine della prima guerra mondiale, la delicata questione dell’unificazione dei programmi di matematica delle province redente Trento e Trieste, con quelli del Regno vide impegnata la Mathesis in inchieste e proposte e, dopo l’avvento del fascismo, l’associazione fu posta di fronte ai problemi connessi con la riforma Gentile: svalutazione del ruolo della matematica, riduzione di orario, abbinamento della matematica con la fisica, formazione degli insegnanti.

Come è ben noto, nel 1923 Giovanni Gentile, ministro della pubblica istruzione nel primo governo Mussolini, riuscì ad attuare in un solo anno una completa e organica riforma del sistema scolastico italiano secondo le linee pedagogiche e filosofiche del neo-idealismo da lui elaborate a partire dai primi anni del Novecento. Gentile separò l’istruzione secondaria in due percorsi principali, di cui quello classico-umanistico destinato alla formazione della classe dirigente e assolutamente prevalente su quello tecnico-scientifico che offriva un accesso limitato all’Università. I principi del Fascismo e della ideologia neo-idealista si opponevano alla diffusione della cultura scientifica e soprattutto alle sue interazioni con altri settori culturali. Le discipline umanistiche dovevano costituire l’asse portante della vita della nazione e, in particolare dell’educazione dei giovani; sintomatico è il fatto che persino l’insegnamento di storia della scienza introdotto nel liceo scientifico fosse affidato ai filosofi. Gentile, inoltre, identificando il sapere con il saper insegnare, non si preoccupò affatto della formazione degli insegnanti. Questo punto di vista era chiaramente in conflitto con l’idea di humanitas scientifica cui Enriques aspirava. Come presidente della Mathesis, egli avviò intense trattative con il ministro sia prima, sia dopo l’emanazione del decreto relativo alle scuole secondarie nella speranza di impedire la svalutazione dell’insegnamento scientifico. Le rivendicazioni della Mathesis rimasero però del tutto inascoltate. Diversamente da Volterra e da Castelnuovo, la cui opposizione alla riforma era totale, la posizione di Enriques era e rimase anche in seguito conciliante. Infatti egli era in sintonia con Gentile su molti punti: era convinto che fra i vari tipi di scuola quella che meglio svolgeva la funzione formativa fosse la scuola classica; concepiva il sapere come conquista personale; concordava sulla necessità di combattere l’enciclopedismo e considerava l’educazione come libero sviluppo di energie interiori. Inoltre non voleva rinunciare a realizzare il suo ideale di fusione fra ‘sapere scientifico’ e ‘idealismo umanistico’ che stava alla base del progetto culturale cui dedicò tutta la vita: la realizzazione di una humanitas scientifica in cui potesse esprimersi e manifestarsi l’universalità della ragione umana.

La posizione di Enriques emerge chiaramente dalla sua corrispondenza con Gentile [Guerraggio - Nastasi, 1993, p. 142-167] e anche dal rapporto sulla riforma che egli dovette redigere per l’ICMI nel 1929 [Enriques, 1929]. Il suo resoconto è meno critico di quanto ci si aspetterebbe: si limita infatti a sottolineare rapidamente la riduzione di ore per la matematica e il problema irrisolto della formazione degli insegnanti, mentre dà ampio spazio al fiorire di nuovi libri di testo citando, oltre ai manuali scritti con Amaldi, le due collane dirette rispettivamente da Roberto Marcolongo e Onorato Nicoletti, e da Francesco Severi. Enriques non manca poi di presentare le molteplici iniziative rivolte alla formazione degli insegnanti da lui stesso avviate dopo la riforma: oltre alla raccolta Questioni riguardanti le matematiche elementari, di cui era appena uscita la terza edizione, cita la Scuola di specializzazione in storia della scienza e la collana Per la storia e la filosofia delle matematiche, su cui ci soffermeremo fra breve.

Le iniziative romane e la formazione degli insegnanti durante il Fascismo

Nel dicembre del 1920 era morto Alberto Tonelli che teneva la cattedra di analisi algebrica presso l’Università di Roma. Molti erano interessati alla successione e fra questi Enriques e Severi. Alla fine fu Severi a spuntarla e la chiamata di Enriques a Roma, come è stato dimostrato fu possibile solo grazie alla rinuncia da parte di Castelnuovo alla cattedra di Geometria superiore. Infatti Enriques, che aveva ottenuto per l’anno accademico 1921-1922 il comando presso l’Università di Roma «per impartirvi l’insegnamento di magistero in matematica», e per il 1922-1923 il comando per l’insegnamento di matematiche complementari appena istituito, non riuscì neppure ad ottenere il trasferimento sulla cattedra di matematiche complementari.

Le lezioni e le esercitazioni di matematiche complementari di quell’anno traducono in pratica la visione di Enriques sulla formazione degli insegnanti. La storia delle matematiche si intreccia alla teoria, le matematiche elementari sono collegate alle superiori, ci sono cenni alla teoria della relatività e si propone un esame comparativo dei libri di testo:

Aggiungo – egli scrive a Gentile - che la differenza fra questo corso e gli altri due di matematiche superiori del nostro secondo biennio (analisi superiore e geometria superiore) è questa: che qui entrano argomenti precisi – come i problemi della trisezione dell’angolo o della quadratura del cerchio ecc. – intorno a cui si ritiene che l’insegnante debba essere informato, ed a cui non si può costringere i corsi di analisi superiore e di geometria superiore, i soli che mirino presso di noi alla pura scienza matematica! [...] Inoltre attraverso quei problemi che toccano più da vicino le matematiche elementari e che hanno una storia venti volte secolare, si mira soprattutto ai giovani chiamati all’insegnamento, i quali […] debbono essere preservati dal pericolo di diventare ripetitori meccanici di una cultura ricevuta dal di fuori e però estranea veramente al loro spirito: che è una tesi a cui Ella giunge da premesse metafisiche, ma a cui io ho pur dato da parte mia – nella misura delle mie forze il contributo dell’azione della mia vita.

La storia delle matematiche è presente, a volte anche in modo consistente, nelle lezioni di geometria superiore, e la sua centralità nel progetto di Enriques è evidenziata dalle molte iniziative di questo periodo che si affiancavano alla direzione della Mathesis. Quella che Enriques conduceva era una vera e propria battaglia che mirava a presentare un’immagine della scienza come un corpo unitario e come parte integrante della cultura.

Nel 1923 Enriques fondò l’Istituto nazionale per la storia delle scienze fisiche e matematiche allo scopo di dare impulso agli studi di storia delle scienze fisiche e matematiche e in particolare di promuovere: «la raccolta, in alcuni centri più adatti, dei libri o dei documenti che occorrono per proseguire serie e larghe ricerche; la divulgazione delle ricerche […]; l’ordinamento e la pubblicazione di manoscritti inediti […]; la pubblicazione […] di opere classiche o rappresentanti qualche speciale interesse».

In connessione con l’Istituto l’anno seguente creò la Scuola universitaria per la Storia delle scienze annessa all’Università di Roma allo scopo triplice di incentivare le ricerche storiche, di formare i futuri insegnanti e di favorire il consolidarsi di una humanitas scientifica. Nel 1924-1925 Enriques vi tenne il corso ‘Storia dei concetti scientifici’ e Giovanni Vacca quello di ‘Storia delle matematiche’, mentre l’anno seguente Enriques e Vacca tennero gli stessi corsi, ampliandoli e arricchendoli di nuovi argomenti, Aldo Mieli tenne quello di ‘Storia della chimica’, Federico Raffaele tenne le ‘Conferenze sulla evoluzione della teoria cellulare’, Silvestro Baglioni ‘Storia della medicina’ e Roberto Almagià ‘Storia della geografia’. I corsi della Scuola negli anni seguenti furono quasi tutti mantenuti e nel 1934-1935 si attivarono anche i corsi di Storia dell'Astronomia (Pio Emanuelli) e di Storia della biologia (Giuseppe Montalenti), e nello stesso anno si unirono alla Scuola come assistenti volontari Ettore Carruccio e Attilio Frajese.

Per consolidare la Scuola, nel 1938 Enriques in un discorso all’Accademia dei Lincei chiese l’istituzione di cattedre di Storia della matematica:

Un ministro filosofo […] ha avuto il merito di comprendere il valore educativo e didattico della storia della scienza e d’introdurne l’insegnamento in alcuni ordini della scuola media italiana, ma, mancando un’adeguata preparazione degli insegnanti, la sua riforma non ha potuto essere ancora seriamente attuata. Ma l’idea rimane; più che l’idea il dovere incombente di tradurla in atto» [Enriques, 1938b, p. 134].

Le critiche di Ettore Bortolotti e l’intervento di Severi, con cui i rapporti si erano definitivamente guastati, vanificarono la proposta di Enriques.

Nel 1937, proprio allo scopo di colmare le lacune nell’insegnamento della filosofia e della storia nella scuola secondaria, egli aveva pubblicato con De Santillana il Compendio di storia del pensiero scientifico dall’antichità ai tempi moderni (Bologna, Zanichelli). Per quanto alcune parti appaiano superate «l'impegno politico dei due autori e il loro sforzo di superare le impasses della manualistica corrente» – scrive Casini - è evidente soprattutto «nei rapidi scorci concernenti il diciannovesimo secolo, il positivismo, il pragmatismo e il neoidealismo» [Casini, 1973, p. XIV, XV]. Un anno dopo, nel 1938, pubblicava un altro volume, Le matematiche nella storia e nella cultura (Bologna, Zanichelli), che si rivolgeva soprattutto ai giovani, sia a quelli delle scuole secondarie, sia a quelli del primo biennio universitario e come dice il titolo intendeva mostrare il significato e il posto della matematica nel quadro delle altre scienze e nei suoi rapporti con la tecnica, l’arte, la storia, la filosofia in modo da ricostruire l’unità del pensiero a fronte della crescente specializzazione. Alcune dense pagine (p. 184-191) dedicate all’insegnamento della matematica offrivano a Enriques l’occasione di ribadire ancora una volta il valore formativo e culturale di questa disciplina e l’importanza di avere insegnanti preparati.

In quello stesso anno venivano emanate le leggi razziali che segnarono una battuta d’arresto per la Scuola universitaria per la Storia delle scienze: Enriques fu allontanato dall’insegnamento e da ogni carica pubblica. Nel 1938-39 il corso di ‘Storia delle matematiche’ fu tenuto da Fabio Conforto che già lo aveva affiancato l’anno precedente nel medesimo corso e stava collaborando con lui al trattato Le superfici razionali (1939), Baglioni tenne il corso sulla ‘Storia delle scoperte di biologia e fisiologia’ e Adalberto Pazzini quello sulla ‘Storia della medicina’. Nel febbraio 1939 Severi fu nominato Direttore della Scuola e si chiudeva così una fase importante della storia della scienza in Italia.

Fra le iniziative collaterali alla Scuola realizzate da Enriques, almeno due meritano di essere citate: la prima è la collana avviata nel 1925 Per la storia e la filosofia delle matematiche e la seconda è la Settimana della Scuola di Storia delle scienze organizzata nel 1935 a Roma.

La collana nasceva, come scrive Enriques stesso, «dalla pratica della Scuola di Magistero» [Enriques, 1925a, p. 7] e il pubblico cui intendeva rivolgersi era quello degli educatori, ma anche quello degli studenti delle scuole secondarie superiori, e in generale degli uomini colti [Enriques - Forti, 1925b, p. 7]. Dal 1925 al 1938 uscirono 12 volumi; scorrendone i titoli si vede come Enriques abbia voluto privilegiare la traduzione e il commento, spesso accompagnato da note storiche, di quegli scritti di grandi autori del passato (Euclide, Archimede, Bombelli, Galileo, Newton, Dedekind ecc.) che possono avere una rilevanza per l’insegnamento della matematica. Collaborarono alla collana colleghi, allievi, studenti e amici di competenze diverse: Ettore Bortolotti, Guido Castelnuovo, Umberto Forti (professore di matematica nelle scuole secondarie e storico della scienza), Amedeo Agostini, Oscar Zariski, Enrico Rufini (insegnante al Liceo Tasso in Roma), Ettore Carruccio, Attilio Frajese, Maria Teresa Zapelloni, Gino Castelnuovo (figlio di Guido, all’epoca studente nella Scuola degli ingegneri di Roma), Maria Lombardini (dell’Osservatorio geofisico a Rocca di Papa), Guido Rietti, Ruth Struik (moglie di Dirk Struik). Il primo volume è dedicato ai primi quattro libri degli Elementi di Euclide, testo che, secondo Enriques, ogni insegnante dovrebbe conoscere; il secondo è la traduzione della storia della scienza greca di J. L. Heiberg. Questi incarnava l’ideale enriquesiano di storico della scienza, filologo profondo conoscitore delle fonti, ma capace di «nascondere ogni ingombrante erudizione», creando così un'opera ispirata a larghezza di vedute, attento a mettere in luce i rapporti della scienza del passato con la cultura contemporanea e con quella successiva, e pronto a collaborare con studiosi di altri settori:

è ben noto come Heiberg – scrive Enriques – abbia lavorato, particolarmente nella storia delle matematiche, accanto al grande geometra Zeuthen, e Zeuthen accanto ad Heiberg, con una comunione di spiriti che costituisce un esempio splendido di collaborazione fra studiosi diversamente educati, e così con profitto di entrambi e soprattutto per fortuna del nostro sapere [Enriques, 1924b, p. 6-7].

Tutta la collana riflette l’importanza che Enriques annetteva alla storia della scienza nella formazione degli insegnanti e il duplice ruolo che attribuiva ad essa, non solo come strumento per comprendere la genesi delle idee e dei problemi, ma anche come mezzo per diventare partecipi della ricerca scientifica:

La formazione – egli scrive – di docenti di matematiche, che siano all’altezza dei loro compiti didattici, richiede, in genere, che la scienza sia da loro appresa non soltanto nell’aspetto statico, ma anche nel suo divenire. E quindi che lo studioso apprenda dalla storia a riflettere sulla genesi delle idee, e d’altro lato partecipi all’interesse per la ricerca [Enriques, 1938a, p. 190].

La seconda iniziativa, Settimana della Scuola di Storia delle Scienze (Roma, 15-22 aprile 1935) organizzata da Enriques e dai docenti della Scuola (Almagià, Baglioni, Montalenti e Vacca) merita di essere ricordata perché sta a documentare le aperture all’estero contro ogni tipo di isolamento nazionalistico. Fra i partecipanti compaiono Castelnuovo, Bompiani e Giuseppe Armellini e ben 26 membri della Unity History School di Londra e studiosi provenienti da altri paesi europei, fra cui il belga Paul Libois, che da Enriques trarrà vari aspetti della sua visione dell’insegnamento della matematica [Menghini, 1998] e Hélène Metzger [Nastasi T., 2008] storica francese, che con lui condivideva la concezione unitaria della scienza. I temi trattati spaziavano dalla filosofia alla storia della fisica, dell’astronomia, della biologia e della tecnica, e il dibattito fu vivace come emerge dall’ampio resoconto dei lavori scritto da Metzger sulla rivista di Mieli Archeion [Metzger, 1935].

Risalgono a questo periodo inviti a tenere conferenze negli Stati Uniti, dove spesso Enriques affiancava a temi di geometria algebrica, argomenti di storia o di filosofia della scienza, la partecipazione a vari congressi internazionali di filosofia, di storia delle scienze e di filosofia delle scienze, ma anche la presenza alle riunioni della Fédération internationale des Unions intellectuelles (Kulturbund) in Parigi, Vienna, Berlino, e ai congressi da essa organizzati in Milano (1925), Heidelberg (1927), Barcellona (1929), Parigi (1933), Budapest (1934), Zurigo (1938). Gli effettivi contributi dati da Enriques alle attività della federazione non sono stati fino ad ora indagati. Essa era stata fondata nel 1924 a Parigi da Karl Anton Rohan, esponente del conservatorismo cattolico austriaco, e comprendeva vari paesi europei allo scopo di favorire il dialogo fra gli intellettuali, raccogliendo fra le sue file liberi pensatori (Borel, Painlevé, …), intellettuali cattolici e anche fascisti come Giuseppe Bottai. La visione di una comune cultura europea propagandata dalla rivista Europäische Revue pubblicata dal principe Rohan era piuttosto conservatrice per quanto non fosse legata esplicitamente a nessun partito politico fino al 1933, quando passò sotto l’influenza nazista. Gli scopi della rivista erano illustrati da Rohan nella presentazione:

[…] sie kann Probleme klären und übersichtlich gestalten, indem sie die Meinungen der entscheidenden Menschen, ohne Rücksicht auf Nation, Partei und Weltanschauung einander gegenüberstellt und so den Leser Stand der wichtigsten europäischen Probleme aufklärt; dabei wird sie versuchen, die Gegensätze derart anzuordnen, daß dadurch der übernationale Zusammenhang Europas zum Ausdruck gelangt [Rohan, 1925, p. 2].

Il desiderio di mantenere contatti internazionali con gli intellettuali che con lui condividevano interessi storici e filosofici e una visione unitaria della cultura, emerge anche dai rapporti di Enriques con la casa editrice Hermann; infatti negli anni Trenta egli diresse due sezioni della collana Actualités scientifiques et industrielles pubblicata dalla casa francese, Philosophie et histoire de la pensée scientifique e Histoire de la pensée scientifique. Fra il 1934 e il 1939 nella prima apparvero otto volumi cui collaborarono anche Hélène Metzger, Ferdinand Gonseth e Guido Castelnuovo e sei nella seconda, scritti in collaborazione con Giorgio De Santillana, che riprendono il libro pubblicato insieme nel 1932 Storia del pensiero scientifico. Il mondo antico (Milano, Treves). Il primo volume ad apparire è Signification de l'histoire de la pensée scientifique nel 1934 e nelle pagine di apertura dal titolo La science et son histoire, Enriques ribadisce la sua visione dinamica della scienza, e la convinzione che essa tragga il suo significato proprio dalla storia. La dimensione storica dell’impresa scientifica e l’idea che la scienza elabori conoscenze sempre relative e modificabili era condivisa anche da Gonseth, che in più occasioni sottolineò l’influenza del matematico livornese sul suo pensiero. Nel Mon Itinéraire philosophique lo cita più volte e racconta l’incontro a Parigi da cui nacque l’idea della sua collaborazione, con un libro sulla logica, alla collana pubblicata da Hermann. Alcune carte conservate nel Fonds Gonseth a Losanna, relative ai rapporti con la casa editrice francese, documentano ulteriormente le relazioni fra i due studiosi.

L’aspirazione a evitare l’isolamento culturale della matematica e a diffondere una visione unitaria delle scienze, accompagnata da un’esigenza di divulgazione più ampia, indusse Enriques a collaborare con l’Enciclopedia Italiana:

Né quest’opera di divulgazione e di propaganda deve apparirvi superflua […] – affermava Enriques nel 1923 rivolgendosi alla Mathesis - E, se anche la necessità della propaganda ci distragga per alcun tempo da altro utile lavoro, non dobbiamo rammaricarcene, perché, rinfrancando in noi la fede scientifica e ricreandone il bisogno nella società circostante, prepariamo pure al progresso della scienza più giovani e balde energie [Enriques 1924a, p. 3].

Nel 1925 Gentile, con l'aiuto finanziario di Giovanni Treccani, aveva rilanciato un precedente progetto proposto dalla Società Italiana per il Progresso delle Scienze e, in seguito al rifiuto di Volterra di collaborare, Enriques entrò nell’impresa e accettò con entusiasmo la direzione della parte scientifica con l’aiuto di Fermi e di Amaldi. La valutazione del suo contributo e dei suoi rapporti con Gentile è stata oggetto di vari lavori. cui rimandiamo. Ci limitiamo a sottolineare come soprattutto nelle voci matematiche si rifletta il suo progetto culturale e la sua visione della matematica dove i risultati teorici sono visti in connessione coi problemi che li hanno originati anche al di fuori della specifica area disciplinare, e si intrecciano strettamente con gli aspetti storici, epistemologici e anche con quelli didattici che ci interessano più da vicino. Questo emerge già dalle norme, da lui inviate ai collaboratori, di cui segnaliamo i punti salienti che sono quelli a lui cari: rivolgersi sia ai matematici che ai non matematici; presentare i problemi fondamentali mettendone in luce il significato scientifico e filosofico e le mutue connessioni; utilizzare la storia per illustrare lo sviluppo delle idee e collegare la matematica con gli altri aspetti culturali; evitare particolari tecnici troppo minuti; sviluppare maggiormente le questioni elementari rispetto a quelle più elevate perché interessano un pubblico più ampio; ridurre al minimo il simbolismo. Emblematica da questo di vista è la voce Matematica [Enriques, 1934] dove, fra l’altro compare un paragrafo specifico dedicato all’insegnamento: l’approccio al tema è storico, ma Enriques trova modo di riaffermare il valore formativo delle matematiche che «si palesa non soltanto nell’elevamento e nel potenziamento delle intelligenze che, attraverso l’istruzione classica, vogliono abilitarsi ai più alti studi, bensì anche nei primi gradi di educazione dell’infanzia e delle classi popolari» (p. 553). Qui egli fa esplicito riferimento ai noti pedagogisti Pestalozzi e Fröbel, attribuendo ad essi soprattutto il merito di aver introdotto la matematica nella formazione dei fanciulli come fattore importante per il loro sviluppo intellettuale. Invece, nonostante gli evidenti punti di contatto, non c’è alcun riferimento a Adolphe Ferrière, il padre della scuola attiva, né a Ovide Decroly, entrambi ben noti in Italia. Dal 1925 al 1935 Enriques firmò complessivamente 38 voci dell’Enciclopedia.

Da tutta questa multiforme attività appare con grande evidenza come nella battaglia per l’humanitas scientifica la storia abbia acquisito nel tempo un ruolo sempre più centrale e come Enriques facesse molto affidamento su insegnanti adeguatamente formati.

Lo afferma esplicitamente nella terza edizione delle Questioni riguardanti le matematiche elementari (Bologna, Zanichelli, 1924-1927) che appare riorganizzata e arricchita di nuovi argomenti a partire dai corsi per la formazione degli insegnanti da lui impartiti nell’Università di Roma nei due anni precedenti. Nuovi collaboratori si affiancano a quelli iniziali fra cui Enrico Bompiani, Alfredo Sabbatini e Vittoria Notari Cuzzer, sua assistente prima a Bologna e poi a Roma, e sua collaboratrice su questioni didattiche per il Periodico di matematiche. Lo scopo, scrive Enriques nella prefazione, è quello di «dare alla teoria scientifica una base storica», proprio in un momento in cui «diverse circostanze minacciano oggi di menomare la scienza e la cultura matematica [...] nella schiera di coloro che hanno l'alto compito di diffonderla nella scuola». L’opera è rivolta pertanto agli insegnanti, agli studenti del corso di Matematiche complementari e a coloro che devono preparare gli esami di stato, ma ha anche lo scopo di «illuminare la ricerca più elevata e aprire anche il campo fruttifero dell'investigazione storica ad un più vasto numero di studiosi».

Vale la pena citare anche le parole con cui Enriques introduceva nel 1931 l’indice dei primi 10 anni della seconda serie del Periodico di matematiche da lui inaugurata, dove sottolinea con orgoglio il ruolo del giornale nella formazione del personale docente: «Nessuna rivista dello stesso genere, in nessun paese del mondo, ha saputo realizzare un programma così alto e intonato alle esigenze formative e culturali dei docenti delle scuole medie».

Le leggi razziali del 1938 misero Enriques, come si è detto, nell’impossibilità di operare ufficialmente, nondimeno egli continuò il suo impegno per quanto gli era possibile, scrivendo sul Periodico sotto pseudonimo e tenendo corsi di Geometria e di Storia delle matematiche per l’università clandestina romana. Questa era stata organizzata da Castelnuovo a partire dal 1941 e da lui diretta fino al 1943 allo scopo di consentire ai giovani ebrei, esclusi dalle università italiane, di avere un’adeguata preparazione per poter sostenere esami presso l’Institut Technique Supérieur di Fribourg [Castelnuovo E., 2001]:

Il corso che tenne di storia delle matematiche – ricorda un allievo – fu un memorabile avvenimento, che richiamò non soltanto gli studenti d’ingegneria. Il bel vecchio, l’affascinante signore […] parlava con la voce piana e diritta dei grandi persuasori. Conduceva gli ascoltatori alla comprensione limpida di relazioni complesse, all’individuazione di nessi mai sospettati [Della Seta, 1996, p. 96].

Dopo la liberazione nel 1944, scrive Castelnuovo, Enriques «riprese l’insegnamento, ma l’organismo era ormai stanco ed Egli non sentiva più la forza di assumere posti di combattimento» [ Castelnuovo G., 1947, p. 12], ma non abbandonò mai l’interesse per le questioni didattiche. Fu tra gli animatori dell’Istituto Romano di Cultura matematica creato all’inizio del 1945 da Tullio Viola e da Emma Castelnuovo per la discussione di problemi didattici e per la formazione degli insegnanti e tenne due conferenze sui temi a lui cari: Il significato delle matematiche nella cultura generale e Il significato delle matematiche per riguardo alla fisica [Perna, 1950]. Oltre a ciò organizzava nella sua casa incontri con allievi e insegnanti, finalizzati a migliorare l’insegnamento della geometria nelle scuole secondarie:

oltre a queste riunioni di circa cento persone [dell’Istituto Romano di Cultura matematica] – ricorda Emma Castelnuovo - c’erano riunioni in piccolo, a casa del matematico Enriques, eravamo 8,10 al massimo. Enriques aveva proposto di studiare dei libri di geometria […] del 1700-1800, di geometria elementare per avere un’idea di come si poteva forse modificare il corso allontanandosi da Euclide [Castelnuovo E., 2007].

È in una di queste riunioni che Emma Castelnuovo venne a conoscenza degli Éléments de Géométrie di Alexis Clairaut (1741) che la portarono a cambiare il suo modo di insegnare introducendo il metodo attivo nell’insegnamento della geometria intuitiva: «Di colpo cambio – ricorda Emma […], la classe mi cambia fra le mani» [Castelnuovo E., 2007].

In quegli anni il pensiero enriquesiano ispirò anche Carleton Washburne che era stato inviato dagli Stati Uniti in Italia nell’estate del 1943 per eliminare ogni elemento di propaganda fascista dalla scuola e avviare il processo di democratizzazione del paese. Washburne, noto pedagogista creatore delle ‘Scuole Winnetka’ e sostenitore del metodo attivo nell’insegnamento, era direttore della Sotto-Commissione dell’Educazione della Commissione Alleata in Italia che, con l’aiuto di esperti italiani, elaborò nuovi programmi per le scuole elementari, per le secondarie e per gli Istituti magistrali [Washburne, 1970]. Le metodologie sottese ai programmi di matematica proposti dalla Commissione Alleata riecheggiano la visione didattica del matematico livornese: infatti in essi si sottolinea l’importanza di un insegnamento intuitivo-dinamico in stretta connessione con il processo storico, e si invitano gli insegnanti a prestare maggiore attenzione alle esigenze psicologiche degli studenti.

Enriques morì improvvisamente a Roma il 14 giugno 1946. Fino all’ultimo si era occupato della formazione degli insegnanti che considerava l’elemento centrale per avere una buona scuola e uno dei canali per realizzare il suo progetto culturale volto ad affermare il carattere unitario della cultura e il valore umanistico e formativo della matematica.

Appendice 1

Digressioni storiche nel corso di Analisi superiore di Federigo Enriques, Università di Bologna, 1917-18

ASUB, Registro delle lezioni di Analisi Superiore dettate dal sig. Enriques Prof. Federigo nell’anno scolastico 1917-1918, prof. Federigo Enriques, Fascicolo personale. Documento autografo.

[…]

25 Genn 1918 Storia delle Matematiche e critica dei principi

28 Genn 1918 Segue

30 Genn 1918 Mat. pitagoriche. Aritmetica

1 Febbr 1918 Geom. pitagorica

4 Febb 1918 La polemica eleatica e l’origine dell’analisi infinitesimale

6 Febbr 1918 Gli argti di Zenone e le serie infinite

15 Febbr 1918 Polemica antimatematica di Antifonte

18 Febbr 1918 Sviluppo analisi male da Democrito a Archimede

20 Febbr 1918 Fattori culturali nello sviluppo della scienza greca

22 Febbr 1918 I poteri atomici di Democrito, origine della Meccanica razionale

25 Febb 1918 Reve critica princi geometria in sca di Platone. Teeteto, Eudosso

27 Febb 1918 Criteri logici aristotelici e ordto geom. Euclide

1 Marzo 1918 Definizioni euclidee

4 Marzo 1918 [?]: congruenza

6 Marzo 1918 Equivalenza: questioni sull’infinito e teoria degli insiemi

8 Marzo 1918 Segue teoria di Cantor

11 Marzo 1918 Contenuto 1° Libro Euclide

13 Marzo 1918 Segue

18 Marzo 1918 [?] retta e piano. Il gruppo dei movimenti

20 Marzo 1918 Gruppo dei movimenti: proprietà

15 Aprile 1918 Teoremi di Saccheri-Legendre

17 Aprile 1918 Ipercicli – oricicli. Aree in G non-eucle

18 Aprile 1918 Su indipendenza post Euclide

[…]

Appendice 2

Registri delle lezioni di Storia delle Matematiche per la Scuola universitaria per la Storia delle scienze creata da Enriques

ASUR, Libretto delle Lezioni di Storia delle Matematiche dettate dal sig. Prof. Federigo Enriques nell’anno scolastico 1936-1937. Documento autografo, salvo diversa indicazione.

19 Gen 1937 – Anno XV, Significato della storia della scienza

22 Gen 1937 – Anno X, Elementi d’Euclide: Conforto

23 Gen 1937 – Anno X, Le origini della speculazione in Grecia

27 Gennaio 1937 – Anno XV, Euclide: C.

29 Gen 1937 – Anno X, Post. delle parallele: C.

30 Gen 1937 – Anno X, I Pitagorici

13 Febbr 1937 – Anno X, La critica eleatica

17 Febbr 1937 – Anno X, Uguaglianza in Euclide: C.

19 Febbr 1937 – Anno X, Teoria proporzioni: C.

20 Febbr 1937 – Anno X, Argomenti di Zenone

24 Febbr 1937 – Anno X, Metodo d’esaustione: C.

26 Febbr 1937 – Anno X, Segue: C.

27 Febbr 1937 – Anno X, Empedocle e Anassagora

3 marzo 1937 – Anno XV, Preliminari al Metodo di Archimede (la grafia è di Fabio Conforto)

5 marzo 1937 – Anno XV, Quadratura della parabola. (la grafia è di Fabio Conforto)

6 Marzo 1937 – Anno X, Gli Atomisti

10 Marzo 1937 – Anno X, Segue: Archimede C.

12 Marzo 1937 – Anno X, Rettificaze e quadratura del cerchio. C.

13 Marzo 1937 – Anno X, Considerazioni generali sullo sviluppo della scienza antica

20 Marzo 1937 – Anno X, La scienza araba

14 aprile 1937 – Anno XV, Le equazioni di secondo grado nell’antichità C. (la grafia è di Fabio                                                                                     Conforto)

16 aprile 1937 – Anno XV, La teoria delle coniche in Apollonio C. (la grafia è di Fabio Conforto)

17 aprile 1937 – Anno X, Rinascimento

23 aprile 1937 – Anno XV, Matematica nel Medio-Evo C. (la grafia è di Fabio Conforto)

24 Aprile 1937 – Anno X, Segue rinascimento

28 Aprile 1937 – Anno X, Leonardo Pisano C.

30 Aprile 1937 – Anno X, Algebristi Italiani C.

1 Maggio 1937 – Anno X, Fondazione della Meccanica

5 Maggio 1937 – Anno X, Segue algebristi C.

7 Maggio 1937 – Anno X, Numeri complessi C.

11 Maggio 1937 – Anno X, Geometria analitica C.

14 Maggio 1937 – Anno X, Sviluppi. Logaritmi C.

15 Maggio 1937 – Anno X, Meccanicismo

18 Maggio 1937 – Anno X, Inizii dell’Analisi male C

22 Maggio 1937 – Anno X, Ricapitolazione

ASUR, Libretto delle Lezioni di Storia delle matematiche dettate dal sig. Prof. Fabio Conforto nell’anno scolastico 1938-1939. Documento autografo.

7 dicembre 1938 – Anno XVII, La Scuola jonica

9 dicembre 1938 – Anno XVII, La Scuola Pitagorica

12 dicembre 1938 – Anno XVII, La scuola eleatica

14 dicembre 1938 – Anno XVII, Zenone, Democrito

16 dicembre 1938 – Anno XVII, La geometria preeuclidea

19 dicembre 1938 – Anno XVII, Sguardo d’insieme agli Elementi d’Euclide

11 gennaio 1939 – Anno XVII, Il 1° Libro degli Elementi d’Euclide

13 gennaio 1939 – Anno XVII, Il postulato delle parallele e la questione della geometria non euclidea

18 gennaio 1939 – Anno XVII, Seguito

20 gennaio 1939 – Anno XVII, La teoria delle proporzioni in Euclide

23 gennaio 1939 – Anno XVII, Le questioni di carattere infinitesimale. Loro sviluppo e                                                                                     sistemazione nei libri di Euclide

1 febbraio 1939 – Anno XVII, Il Metodo di Archimede. Esempi

3 febbraio 1939 – Anno XVII, Seguito. Le equazioni di secondo grado presso i Greci

8 febbraio 1939 – Anno XVII, Apollonio da Perga

10 febbraio 1939 – Anno XVII, I problemi della trisezione dell’angolo e della duplicazione del cubo

24 febbraio1939 – Anno XVII, Epoca alessandrina della matematica greca

1 marzo 1939 – Anno XVII, La matematica presso gli Arabi. Suo carattere

3 marzo 1939 – Anno XVII, Seguito

8 marzo 1939 – Anno XVII, I primordi dell’algebra

10 marzo 1939 – Anno XVII, Leonardo Pisano detto il Fibonacci

15 marzo 1939 – Anno XVII, Seguito

17 marzo1939 – Anno XVII, La scuola algebrica di Bologna. Suo ambiente

22 marzo 1939 – Anno XVII, La scoperta della risoluzione delle equazioni di terzo grado

19 aprile 1939 – Anno XVII, Sull’equazione di quarto grado

26 aprile 1939 – Anno XVII, Ulteriori progressi dell’algebra, nei secoli XVII e XVIII

28 aprile 1939 – Anno XVII, Le questioni di carattere infinitesimale nel Rinascimento. Cavalieri

3 maggio 1939 – Anno XVII, Seguito

5 maggio 1939 – Anno XVII, La geometria analitica di Cartesio

10 maggio 1939 – Anno XVII, Progresso della Geometria analitica sino alla fine del secolo XVIII

12 maggio 1939 – Anno XVII, Il problema della velocità e delle tangenti. Massimi e minimi in Fermat

17 maggio 1939 – Anno XVII, Calcolo differenziale. Newton e Leibniz

19 maggio 1939 – Anno XVII, Il Calcolo differenziale ed integrale sino alla fine del secolo XVIII.

Appendice 3

Gonseth racconta l’incontro con Enriques a Parigi nel 1935

Da F. Gonseth, Mon itinéraire philosophique, Vevey, Editions de l’Aire, 1994, p. 67-68

«[…] Le premier congrès du Mouvement néo-positiviste dit pour l’unité de la science eut lieu à Prague en 1934. Sous le nom de Congrès Rougier, le second se tint à Paris, l’année suivante. Ce fut là que se plaça ma première rencontre avec le Mouvement. Elle fut d’une extrême rudesse. Mon exposé – qui parut ensuite dans les Actes di Congrès sous le titre La logique en tant que physique de l’objet quelconque – déchaîna une réaction passionnée. Il est vrai que, dans mes conclusions, j’avais déclaré sans ménagements que mes vues contredisaient formellement celles du Cercle de Vienne. La contradiction, disons plutôt la contre-attaque, ne se fit pas attendre. Le premier contradicteur à se présenter fut le logicien italien Padoa : avant même d’avoir parlé, il fut salué par de frénétiques applaudissements. Combien furent-ils à se succéder ? – Quinze ou seize peut-être. C’est de là que date sans doute la réputation que certains m’ont faite et que je crois imméritée d’interlocuteur implacable. Je n’ai laissé aucune critique sans réponse. Je me sentais véritablement en état de légitime défense. L’événement ne resta malheureusement pas sans conséquences : dans le milieu où j’estimais juste et possible d’inscrire mon intervention, je ne fis que provoquer un phénomène de rejet dont l’ampleur et la durée me confondent encore aujourd’hui.

Pourtant, l’événement ne tarda pas à se montrer aussi sous une face toute différente. F. Enriques, l’auteur de Les problèmes de la science et de la logique et Les concepts fondamentaux de la science était présent au congrès et avait suivis mon exposé. A la sortie, il me prit par le bras et m’entraîna un peu à l’écart. Ce fut alors qu’il me proposa d’écrire un petit volume de quelque 80 pages sur le même sujet, à paraître dans la collection qu’il dirigeait alors chez Hermann. Je lui en soumis le manuscrit six mois plus tard. L’ouvrage – c’était Qu’est-ce que la logique ?- parut en 1937».

Appendice 4

Gonseth commenta Enriques

F. Gonseth, Notes mss sur l’ouvrage de F. Enriques «L’évolution de la Logique» Fonds Gonseth, Bibliothéque cantonale et universitaire, Lausanne, IS 4323/8/16

«F. Enriques. L’évolution de la Logique. Paris Chiron 1926

p. 23 Sur le réalisme ingénu des Grecs.

Citation d’Aristote sur l’identité « des modifications de l’âme, chez tous les hommes… »

A ce propos, la diversité des langues, et la non-possibilité de traduire complètement fidèlement, doit être rapprochée des systèmes sensoriels et «conceptuels» si divers du monde animal.

p. 38 Les précurseurs de l’idonéisme: Abélard et le terminisme de Jean Buridan (Occam)

p. 51 Bonne citation de Descartes.

p. 53 Règles de Pascal: Encore l’évidence. Mot de Julia: Les cellules primitives. La prédicabilité de la connaissance.

p. 102 Mach et Maxwell: définition opérationnelle de l’égalité.

p. 198 Le critère de la raison suffisante est à interpréter come exigence opérationnelle (invariance)».