N.1 2023 - Scientia | Giugno 2023

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L’arte medica. La scuola padovana e la medicina in Europa e nel mondo, a cura di Giovanni Silvano

Paolo Mazzarello

Università degli Studi di Pavia; paolo.mazzarello@unipv.it

Volume della collana editoriale: Patavina Libertas. Una storia europea dell’Università di Padova 1222-2022, Roma, Donzelli editore, 2022.

ISBN: 9788855223102

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Le celebrazioni per gli ottocento anni di vita dell’Ateneo di Padova sono state occasioni importanti per rivisitarne, sul piano storico, le secolari vicende culturali. L’Università veneta si è distinta nei principali campi del sapere lungo l’arco temporale della sua esistenza e molti approfondimenti critici ne hanno esplorato gli aspetti più significativi. Fra questi è certamente centrale la medicina che ha avuto nell’Istituzione padovana memorabili sviluppi destinati a incidere in profondità nella storia culturale dell’umanità. A questa sfera disciplinare è dedicata L’arte medica, un’opera curata da Giovanni Silvano che si avvale del contributo di molti specialisti nelle varie branche delle scienze della vita. Si tratta di un’opera multiforme, dalle infinite storie che si intrecciano in un dedalo vastissimo; tuttavia è anche, nello stesso tempo, un libro compatto che mantiene una sua unità nonostante la complessità delle articolazioni storiche che ha l’ambizione di ricostruire. L’arte medica non è soltanto una lente di ingrandimento sulla grande storia secolare della medicina padovana - è anche questo, naturalmente - ma rappresenta, in larga misura, il risultato della ricostruzione dei rapporti e delle influenze che l’Università di Padova ha esercitato sulla cultura europea (e quindi mondiale) del corpo e della salute. Incastonare la microstoria accademica patavina con la macrostoria intellettuale globale ci restituisce immediatamente una visione comparativa da cui si percepiscono gli ordini di grandezza e dunque le dimensioni di una realtà nella quale hanno operato - e si sono formati - personaggi che hanno cambiato il nostro modo di vedere il mondo.

Il libro ha un’articolazione sistematica con un’introduzione di Silvano che riannoda i molti fili divergenti della storia trattata, seguita da una prima parte dedicata all’anatomia, una seconda alla fisiologia, una terza alla patologia, una quarta alla medicina clinica, una quinta a carotaggi in diverse direzioni specialistiche (ostetricia, pediatria, neurologia e neuroscienze, cardiologia, audiologia, etc.) e una sesta riservata ad approfondimenti sulle influenze e sulle relazioni dell’Ateneo veneto con paesi extra-europei (in particolare Cina, India e Persia). All’interno di questa ripartizione generale i singoli capitoli del volume approfondiscono, in maniera diacronica, spesso con focalizzazioni su periodi di particolare rilievo, le principali vicende che hanno caratterizzato, sul piano clinico-scientifico, l’esercizio della medicina nelle istituzioni universitarie e ospedaliere padovane. Una storia che prese origine nel Tredicesimo secolo, soprattutto dopo il 1262. Esplorare la natura del corpo e dedurne il modo di sanarlo aveva un valore intrinseco portatore inoltre di risvolti pratici e professionali. Il medico che aveva acquisito un titolo universitario diventava qualificato perché poggiava la sua credibilità su un sapere che si era trasmesso con l’autorevolezza della tradizione. Una forza, quella degli antichi, capace di farsi sentire ancora con prepotenza, durante il Diciassettesimo secolo, nelle menti più rivoluzionarie. Nel 1646 il gentiluomo inglese John Evelyn, già laureato a Oxford, nell’accingersi a recarsi a Padova per studiarvi medicina, cercò il consiglio di William Harvey al quale chiese informazioni relative ai testi sui quali avrebbe dovuto prepararsi per essere all’altezza del livello propedeutico richiesto nella nuova sede universitaria. Come si ricorda in un contributo a L’arte medica, Harvey fu categorico: l’aspirante allievo patavino avrebbe dovuto assimilare a fondo Aristotele, Cicerone e Avicenna. Lo scopritore della circolazione del sangue richiedeva ai propri allievi di Oxford di studiare profondamente gli stessi autori che lo avevano formato nei suoi anni padovani. Tradizione e rivoluzione, dunque. In Harvey convivevano felicemente l’aristotelismo e lo spirito rivoluzionario, anzi era stato anche il suo particolare aristotelismo a incendiarne la mente oltre i limiti del sistema fisiologico di Galeno.

Ma se durante i secoli tardo-medievali nella storia delle università lo sguardo era rivolto al passato nel tentativo di illuminare, chiosare o strappare il frammento di un sapere già in gran parte definito da Ippocrate e Galeno - e dai loro seguaci - dei quali si ricercavano avidamente le opere sconosciute (trasmesse dalla tradizione araba e, soprattutto, dai bizantini fuggiti subito prima e dopo la caduta di Costantinopoli), con l’inizio dell'età moderna assistiamo a un cambiamento di prospettiva epocale. È la mente che cambia, come dimostra L’arte medica in alcuni capitoli, anche grazie agli stimoli che la riscoperta e la riedizione in greco dei testi antichi ebbe proprio allora.

Lo Studio patavino diventò l’emblema europeo della libertà di critica verso gli autori classici, nonostante la pignoleria con cui si continuavano a studiare. E proprio l’unione fra filologia e anatomia generò a Padova una miscela incendiaria destinata a far esplodere la rivoluzione anatomica del Rinascimento, forse la forma mentis metodologica più sovversiva nella storia della medicina - emblematicamente riassunta dalla figura dell’anatomista fiammingo Andrea Vesalio - resa possibile proprio dall’atmosfera indipendente e intellettualmente libera della città veneta. L’assenza di barriere troppo rigide fra le materie d’insegnamento – e l’atteggiamento interdisciplinare - fu un altro fattore di grande apertura alle nuove forme del sapere.

L’arte medica si sofferma su altri fondamentali punti di svolta della medicina mondiale legati all’Università di Padova, in primis la messa a fuoco della metodologia anatomo-clinico, vera chiave di volta dell’indagine patologica, legata al nome del medico forlivese Giovanni Battista Morgagni. Quest’innovazione si pose lo scopo di investigare sistematicamente la relazione fra morbo - inteso come fenomenologia clinica di un paziente - e le alterazioni delle strutture corporee scoperte con l’indagine autoptica. Grazie alla codificazione di questa procedura nel De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis - capolavoro del medico romagnolo - nasceva la ‘patologia d’organo’ che faceva emergere una concezione localizzata delle malattie permettendo di superare, almeno parzialmente, l’antico paradigma umorale - cioè fluido - dei processi morbosi. 

L’arte medica abbraccia i vari raggruppamenti disciplinari con grande minuzia e acribia soffermandosi sulle molte specialità della medicina padovana seguite nel loro dispiegarsi dalla loro origine, come insegnamenti universitari, fino ai giorni nostri. In certo qual modo l’opera diventa così, in alcune parti, anche una sorta di album di famiglia con innumerevoli docenti, ancora attivi nella città veneta, citati in queste pagine. Un libro dunque poliedrico che raffigura la vitalità pleiomorfa, lungo i secoli, della medicina padovana e ne insegue gli innumerevoli fili attraverso cui si è storicamente articolata fino all’epoca contemporanea.